Carlo Bernardini (Viterbo, 1966) è un artista che si misura con la luce. Per ciò intravede negli spazi, sia esterni che interni, le possibilità di creare forme che hanno una volumetria. E lo fa usando prevalentemente le fibre ottiche, che possono essere di misure diverse, molto sottili se usate in ambienti chiusi, di diametro maggiore se utilizzate in esterno, dove l’effetto di queste sculture senza pelle crea consistenze inedite.
Dalle fibre ottiche agli schermi luminescenti e alle lastre in plexiglas trasparente, tutto concorre a che “
i vuoti prevalgano sui pieni fino a quasi ad annientarli, come scrive Giorgio Verzotti nel testo a catalogo. Bernardini riesce infatti a proporre forme di luce che nascono dalla sua capacità di avere una visione solida, estratta dallo spazio “
permeabile”, come definisce egli stesso l’ambiente in cui opera. Uno spazio concreto, reale, da cui nascono le forme scultoree luminose che invitano lo spettatore a interagire, sia con il corpo che con le regole della visione ottica.
In galleria sono presenti tre lavori che testimoniano di questa volontà di lavorare nello spazio, oscillando tra il vuoto e il pieno, per arrivare alla consistenza di una forma. Il lavoro più grande è un progetto che interroga il tempo immaginario e coinvolge la luce in un dialogo “
tra mezzi espressivi tecnologici come le fibre ottiche e alcuni video sperimentali sulla luce”.
L’installazione
La Quarta direzione dello Spazio (2008) altro non è che la messa a punto del vissuto esistenziale di due temporalità che convivono in uno spazio e che entrano in gioco con gli spostamenti corporei dello spettatore. Se nel tempo reale il fruitore vede l’esterno dell’installazione ritagliata nello spazio dalle sottili fibre ottiche e l’attraversa, muovendosi nella pancia di questo spazio, in un secondo momento interviene il video, che esiste al di là del visitatore, portando tutta la fisicità nella percezione della temporalità immaginaria.
Il video che entra nel vuoto di un ritaglio geometrico di luce è opera di
Manu Sobral ed è proprio in questa fase che la quarta direzione entra in gioco come sensazione nuova di un paesaggio mutato nello spazio percepito. Questa nuova direzione dello spazio nasce perché le due temporalità convivono sulla stessa scena, nello spazio della rappresentazione che l’artista ha creato.
Ora, oltre al progetto teorico in cui sono studiati i diversi tempi in un unico spazio, esiste anche una dimensione estetica in tutti questi lavori, e non solo la concettualità espressa. Come a dire, un piacere della luce fornito dalle fibre, che diventano come le linee disegnate dalla matita di un artista. I raggi luminosi prodotti delle fibre ottiche corrono, tesi nello spazio, creando forme e disegnando antichi volumi, che ora sono virtuali.
Talvolta, come nel caso di
Accumulatore di luce (2007), i raggi circoscrivono un oggetto, una struttura, che comunque richiama qualcosa che produce o ha prodotto energia. In
Catalizzatore di luce, le fibre ottiche sono invece contenute in una scatola-quadro e su una superficie “olf” creano sovrapposizioni luminose, quasi a dar vita, in uno spazio, ad altri spazi che si mostrano alla nostra percezione, iper-stimolata ad accogliere nuovi concetti visivi.