La programmazione proposta da BUILDING si dimostra ancora una volta imprescindibile nel panorama artistico milanese. La palazzina di via Monte di Pietà si distingue dal solito impianto galleristico per struttura espositiva e offerta culturale. Il suo carattere spiccatamente museale, grazie ai quattro piani espositivi, la rende capace di costruire un’articolata retrospettiva su un artista chiave del secondo Novecento, Roman Opałka (Hocquincourt, Francia, 1931 – Chieti, 2011). L’attività commerciale si affianca a obiettivi più propriamente critici, grazie a un lavoro curatoriale-filologico condotto con la collaborazione del Fonds de Donation Roman Opałka. La mostra “Roman Opałka. Dire il tempo”, curata da Chiara Bertola (già intervistata in proposito su questa testata), è un esempio di accurata mostra monografica e si estende alla Fondazione Querini Stampalia con un’appendice complementare durante il periodo biennalistico, dove le opere di Opałka dialogano con i lavori dell’artista veneziana Mariateresa Sartori.
La mostra ruota attorno a sette esemplari di OPALKA 1965/1-∞, lavoro programmatico dell’artista che dal 1965 si sviluppa in una serie di tele chiamate Détail sulle quali scrive, in bianco su fondo scuro e con la precisione di un incisore, la successione delle cifre del sistema numerico decimale, da 1 fino a un potenziale infinito, interrotta solo con la sua morte. Non è l’unico metodo con il quale Opałka cerca di misurare e dare forma visibile allo scorrere del tempo, infatti dal 1968 inizia a produrre un ritratto fotografico del suo volto alla fine di ogni sessione di pittura davanti al Détail su cui sta lavorando, mantenendo la stessa camicia e la stessa espressione. Quello che inesorabilmente si trasforma è il volto dell’artista che acquista rughe e deformazioni fisionomiche. Lontani dall’essere un prodotto puramente narcisistico, questi autoritratti sembrano un gioco per nulla agonistico col tempo senza un chiaro punto di vista e un vero protagonista; è il tempo che scolpisce e agisce sul volto di Opałka o è l’artista che documentando le trasformazioni che incidono il suo viso riesce a misurare e imbrigliare i giorni che scorrono? Decide inoltre di registrare il suono della sua voce mentre pronuncia i numeri che scrive. Dal 1972, giunto al primo milione, aggiunge anche progressivamente al fondo di ogni Détail un 1% di bianco ottenendo via via delle gradazioni di tonalità di grigio sempre più chiare. La coerenza di tale perpetuazione, che nonostante la sua rappresentazione classicamente bidimensionale è caratterizzata da un’azione fortemente performativa, è testimoniata dalle Cartes de Voyages, fogli sui quali Opałka continua la numerazione quando è in viaggio e lontano dal suo studio.
Roman Opałka. Dire il tempo, una retrospettiva, vista della mostra
A fianco alla sua produzione principale sono mostrate opere precedenti il 1965, fondamentali per capire la poetica dell’artista. Non è un caso che la ricerca di Opałka si sviluppi attraverso il segno e i concetti di sequenza e ripetizione. Nella galleria sono infatti esposti altri lavori che, come dei documenti da interpretare, fanno scorgere gli stilemi formali e teorici che gettano le premesse ai successivi sviluppi. Les Nuages (1951), gli Ètudes sur le Mouvement (1959-1960), Chronome (1963), Alphabet Grec (1965) sono lavori che rivelano l’avvicinarsi di Opałka alla pratica del segno nel suo farsi trama, la ricerca di un linguaggio che codifichi una misura e la tendenza a voler dare forma a qualcosa non misurabile. Nella serie di acqueforti a tema biblico e le fotolitografie di tema politico si nota l’uso della figura umana come unità, moltiplicata e modulata fino a creare una composizione grafica, un rapporto analogo a quello che intercorre nei Détails tra le cifre e il tempo. Infine per la prima volta sono esposti i Fonemat del 1964, su un fondo di tempera scuro agisce per sottrazione, spatolando ritmicamente il colore per ricercare la forma di un altro elemento invisibile: il suono.
Forse è questa la ricerca di Roman Opałka, spinta quasi all’ossessione: cercare di misurare e dare forma all’invisibile. L’artista ha permesso che si manifestasse la forza che incessantemente agisce sull’uomo, lasciandosi trasformare da un tempo che è scultore, narratore e pittore.
Matteo Gnata
mostra visitata il 3 maggio 2019
Dal 4 maggio al 20 luglio 2019
Roman Opałka. Dire il tempo, una retrospettiva.
BUILDING
Via Monte di Pietà 23, Milano
Orari: dal martedì al sabato dalle 10:00 alle 19:00
Info: www.building-gallery.com
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Davvero affascinante , quelle rughe sembrano uscire dal mio pc ...