La
vera rivoluzione contemporanea parte dalla riappropriazione delle cose e del
loro significato. Per ciò
Lucia Leuci (Bisceglie, Bari, 1977;
vive a
Bisceglie e Milano), nella sua personale milanese, accantona l’usuale lavoro
fotografico per passare alla tridimensionalità, all’occupazione dello spazio,
alla dimensione ambientale.
La
sua è una ricerca femminile, strettamente legata al genere, senza timori di
sessismo, senza bisogno di organi per le pari opportunità; scava nel brutto che
ci circonda, nella massificazione del gusto, nell’omologazione della forma che
contraddistingue questo “
triste mondo malato”.
Fa
chiarezza, Leuci, nel reale: a partire dal comunicato stampa, che diventa un
vero e proprio mezzo d’informazione, non solo didascalicamente esplicativo
della mostra, ma concettualmente parte integrante di essa. Una premessa scritta
a un lavoro visivo che da ciò prende forma e contenuto.
Si
scaglia contro la standardizzazione estetica, l’artista, contro i grandi marchi
a basso costo che creano stili effimeri, usa-e-getta, senza lasciare un segno
nella contemporaneità: uno scaffale componibile, corredato di complementi Ikea,
che diventano icone intelligibili a livello mondiale,
rintracciabili nelle
abitazioni di chiunque e in ogni parte del globo, si staglia contrapposto a una
gogna alquanto particolare. È una struttura che ricorda le forme squadrate e
oblique delle creazioni di
Ettore Sottsass; reca impiccato un tombolo, simbolo perduto della maestria artigianale
femminile, di un’epoca in cui il corredo veniva “customizzato” da preziosi
ricami e pizzi fatti a mano, vero e proprio “
progetto di monumento al
passato recente”.
I
Fiori
collassati del titolo della mostra
sono in realtà giovani porno attrici, incastrate fra porte di formica e buchi
ciechi di serratura, pornografia anch’essa usa-e-getta, lontana dall’erotismo e
dalla sensualità, dalla delicatezza fatale del fascino femminile. Un’immagine
di sé, Leuci la lascia sulla plastica stropicciata, compostamente ripiegata, lo
spray nero a creare una scrittura incomprensibile e indecifrabile, dal titolo
emblematico
Io (oppure ricerca sulla calligrafia).
Estremamente
concettuale, ricercata fin quasi alla forzatura, tuttavia fortemente emotiva e
partecipata,
Flower Collapsed è un
manifesto del femminismo che perde le istanze anacronistiche per immergersi
nella contingenza, elaborato da chi è consapevole del proprio momento storico.
Una vera rivoluzione, che parte, come sempre, dall’estetica.