L’artista traduce in dinamiche spaziali un’ossessione compositiva e, attraverso
rituali scrupolosi, astrae silenziosamente lo stesso linguaggio. Opera sulla
materia con calibrati accostamenti fra solidi puri e impuri ed elaborate
geometrie di elementi, imprigionati da forze centripete o respinti verso
inevitabili punti di fuga. Costruisce con perizia tecnica e sovrintende
complessi microcosmi plastici, campi potenziali lasciati a condividere il
destino di una illusoria mise en abyme di
oggetti, soggetti e visioni.
Secondo i fautori del disegno
intelligente, corrente di pensiero a cui è ispirato il titolo della personale,
esiste una volontà
alla base del processo evolutivo, determinata da un agente intelligente che
opera per motivazioni e scopi non intuibili. Forse esiste una combinatoria che supera
l’artista come soggetto responsabile.
Ma è l’artista che, attraverso
l’azione manuale e grazie a un calibrato dispositivo di rappresentazione, crea
l’opera per poi ucciderla, farla scomparire e riapparire in un’immagine:
rivelazione di un’assenza o di realtà altra
che si svela. Questa pratica, l’ancorarsi al triplice riferimento delle cose
concrete per poi svuotarle di sostanza, rappresenta per lui un’urgenza da
esaudire in cui l’aspetto formale dell’opera, al di là dell’evidente insistenza
cosmetica, passa in secondo piano, mentre è il tema
dell’ambivalenza (dal qui all’altrove, dalla plasticità della cosa alla sua
instabilità percettiva, dalla conferma prospettica allo spazio
immaginario, dal profano al sacro) che
emerge e sradica il principio di indeterminatezza a cui l’artista deve
sottrarsi.
I teatrini, come matrioske, reinterpretano la metafora della
rivelazione: circoscritta da un ambiente visivo minuscolo contenuto in uno
spazio scenico più grande, a sua volta racchiuso dentro ad altre visioni più
articolate. In questi dispositivi tridimensionali di loosiana memoria il
fruitore, suggerisce Cavinato, diventa a sua volta contenitore al massimo
grado, contenitore in atto dei contenitori in potenza esposti.
Si ispira a una tettonicità
primaria Phantasma, opera in cui
l’artista restituisce all’occhio una configurazione scultorea e il suo doppio
speculare: angelo custode o fantasma, teorizzato come riflesso immateriale e
qui reso presente accanto alla sua matrice. L’installazione Spazio visivo #2 è un’accumulazione
incontrollata di frammenti sospesi in cartoncino bianco, che rivela, attraverso
due fuochi fissi posizionati frontalmente, un duplice artificio, L’annunciazione, l’opera impossibile.
Per usare parole e cose di
Michel Foucault, l’ingranaggio “schiude
uno spazio meraviglioso e liscio come un’utopia” e lo fa attraverso un’eterotopia, un dispositivo galleggiante che neutralizza
e inverte la sintassi generata dagli stessi oggetti nel vuoto. Il suo è un modo
di re-inventare lo spazio. Lo sanno alcuni predecessori dell’artista, Escher
tra i primi, che quello che si vede non è la sola realtà visibile.
federica bianconi
mostra visitata ul 17
settembre 2010
dal 17 settembre al 20 novembre 2010
Paolo Cavinato – An intelligent design
The Flat – Massimo Carasi
Via Frisi, 3 (zona Porta Venezia) – 20129 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 14-19.30; festivi su appuntamento
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel./fax +39 0258313809; carasi-massimo@libero.it;
www.carasi.it
[exibart]
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La mostra di Paolo Cavinato "An Intelligent Design" è stata prorogata fino al 20 novembre 2010.
Bellissima mostra!
Grazie Federica, una bellissima recensione