Cos’è un miracolo invisibile, se non quella magia che si nasconde dietro oggetti, azioni e relazioni che viviamo quotidianamente? D’altra parte, cos’è l’arte se non un miracolo invisibile, che cerca nel quotidiano “ciò che non si vede”? Partendo da questa riflessione, e ispirandosi all’opera di Jean Painleve,
Joan Jonas -visiting professor di quest’edizione del corso- racconta della semplice eppur sorprendente magia del quotidiano, invitando i giovani artisti che hanno partecipato al corso a ripensare la propria pratica artistica e a riflettere insieme sul significato del
fare arte nel contesto contemporaneo.
La riflessione sul quotidiano, le piccole magie del reale, sono il fil rouge che unisce interventi molto diversi tra loro. Gli oggetti più comuni diventano il pretesto per raccontare qualcosa di sé, la propria visione. È con questa filosofia che
Alicia Frankovich presenta l’installazione
Jump off tramp and slam with the fan onto the table slamming into the wall, in cui tracce delle passate esperienze sono simbolicamente documentate attraverso alcuni oggetti, che per l’artista diventano elementi significativi del proprio passato. Anche
Moira Ricci si riferisce al proprio vissuto con il video
Ora sento la musica, chiudo i miei occhi, sono ritmo in un lampo che fa presa nel mio cuore, che malinconicamente porta lo spettatore attraverso un viaggio nell’adolescenza dell’artista, alla sua più intima passione, la danza. L’artista scopre se stessa attraverso il proprio corpo, influenzata in parte dalla propria esperienza e in parte dagli esercizi e dalle performance che durante il corso hanno visto tutti i partecipanti mettere in gioco la propria fisicità, sperimentare insieme quel “sentire con il corpo” di cui Joan Jonas è eccellente interprete.
Il visitatore è portato a ripensare in modo nuovo oggetti e azioni in apparenza banali: è il miracolo invisibile, una dichiarazione politica, che considera l’arte lo strumento di una nuova lettura della realtà, più sensibile e meno superficiale, capace di rivelare attraverso il suo sguardo la magia del quotidiano. E dalla magia, dai giochi di prestigio,
Jacopo Miliani prende spunto con grande sensibilità e ironia per la videoinstallazione in cui scorrono le immagini di un prestigiatore alle prese con il gioco delle carte (
Black Palms), accompagnate da alcuni frame tratti dal film di
René Clair Entr’acte, in cui un mago fa lentamente scomparire se stesso. In questo senso può essere letto il processo creativo che, generando il miracolo dell’arte, rimane spesso invisibile allo spettatore. Impercettibile eppure presente, questo aspetto connesso al produrre è alla base del lavoro di
Jacopo Candotti, che continua la propria riflessione sulla difficoltà connessa alla progettazione di un’opera. Idee e schizzi sono intrappolati in una pesante struttura in acciaio inox ancorata al pavimento, che ne impedisce il divenire, destinando questi progetti a un work in progress senza fine e lasciando all’artista un costante senso di incompiutezza.
Un work in progress è da considerarsi d’altra parte l’intera rassegna, che non giunge a conclusioni né propone prospettive; più semplicemente mostra uno spaccato della ricerca artistica dei giovani artisti che hanno partecipato al corso, lasciando forse intuire che un evento espositivo possa diventare un contenitore troppo limitante e poco significativo rispetto alla complessità dell’esperienza del workshop.