L’intento di questa
collettiva è spostare l’arte dal centro alle periferie, e cambiare la
connotazione di un luogo, l’ospedale psichiatrico, sul quale pesa un
pregiudizio sociale e culturale.
Ogni anno, in occasione di un workshop,
gli artisti invitati propongono un tema legato alla loro ricerca teoretica, da
condividere con i pazienti della struttura ospedaliera, realizzando una mostra
con interventi site related
che devono rispecchiare la varietĂ dei linguaggi
e dei supporti adottati, attraverso performance, video, installazioni.
Flavio Favelli (Firenze, 1967; vive a
Savignano, Forlì)
è il quinto artista a dirigere gli esperimenti di
Acrobazie. Il progetto è
incentrato sulla configurazione di un laboratorio che, grazie al sostegno di
Unicredit, produce opere e progetti collettivi. Per questa edizione Favelli –
insieme a
Umberto Bergamaschi,
Gianfranco Bianco,
Giuseppe
Bomparola,
Luigi Cremaschini,
Curzio Di Giovanni,
Patrizia Fatone,
Paolo Giovanetti,
Fabio Gosparini,
Claudio Salvago e
Andrea
Vicidomini – ha sviluppato un rivestimento site specific (e permanente),
esponendo una decina di installazioni ambientate, di collage, mobili, oggetti e
tessuti, e infine i disegni degli autori dell’Atelier di Pittura Adriano e
Michele.
Dopo i laboratori diretti da
Sandrine
Nicoletta nel 2004, da
Marcello Maloberti nel 2006, da
Sara
Rossi nel 2007 e da
Francesco Simeti nel 2008, la scelta di Favelli come artista
dell’edizione 2009 ha seguito i temi che indagano la memoria, la nostalgia, la
formazione del dolore nel Novecento e, infine, la morte. Questi temi, sebbene
di rilievo intimista, hanno permesso al collettivo di sviluppare un’attenzione
fortissima al sociale, tradendo la volontĂ di intervenire e modificare la realtĂ
attraverso l’arte.
Il risultato di queste sinergie ha prodotto
oggetti e rivestimenti che hanno creato spazi evocativi, in grado di riscattare
il senso di perdita dell’oggetto emerso durante le ore e i mesi di lavoro.
L’esercitazione ha fatto sì che gli artisti coinvolti abbiano lavorato sulla
bottiglia Martini, i motivi decorativi dell’amarena Fabbri, lo spremiagrumi di
Philippe
Starck dell’Alessi e il cane a sei zampe dell’Eni, dando vita a uno scambio visivo
dettato dall’adozione di uno stesso soggetto, citato e riletto da ciascuno
degli autori interpellati.
Nell’atelier, ospitato all’interno del Centro
di riabilitazione psichiatrica del Fatebenefratelli, la totalitĂ poetica
dell’artista fiorentino e l’aspetto produttivo della sua opera hanno influito
su tre mesi di lavoro, con la volontĂ di proporre una mostra-riflessione sul
dialogo tra marchio ed etichetta, riconoscimento e anonimato, serialitĂ e fatto
a mano, sconfinando tanto nel design quanto nell’artigianato.
L’artista ha infatti realizzato un pavimento
ligneo, di circa 300 mq, laccato e decorato seguendo alcuni stilemi dell’atelier
e creando, infine, una sorta di gabinetto rinascimentale nel quale mettere in
relazione i disegni degli autori e gli oggetti realizzati. Lavori che mischiano
arte, arredo, design e moda.
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favelli è anche bravo, non ha paura di fare i conti con una tradizione nostrana. In alcuni casi osa molto in altri è più boutique. Ma va bene. In ogni caso siamo sempre in gabbia. Anche se non possiamo essere oggettofobici. C'è un valore anche sciamanico in alcune cose. E poi non si può pensare che alcuni valori degli anni 90 si debbano ripensare in modo sclerotico.