Il rapporto che ha legato la Pop Art inglese alle avanguardie storiche è stato quello di un’osservazione ammirata, di una citazione e di un’appropriazione che da un lato ha segnato la definitiva storicizzazione dei movimenti d’inizio Novecento, e dall’altro ha permesso al nascente sistema moderno dell’arte anglosassone di costruirsi una genealogia nobile.
Su questa relazione si è basata la ricerca e parte del corpus dei lavori di
Richard Hamilton, padre pressoché indiscusso della Pop Art. Con le rielaborazioni del
Grande Vetro di
Duchamp, la conferenza tenuta su quest’opera nel 1963 al Guggenheim di New York e la ricostruzione del vetro nel 1965, Hamilton segna uno stacco fondamentale, spingendo l’esperienza pop europea a porre le proprie basi nelle ricerche delle avanguardie storiche.
Anche la copertina dell’album
Sgt. Pepper’s (1967) dei Beatles, disegnata da
Peter Blake (Dartford, 1932; vive a Londra), andrebbe letta come uno strano miscuglio dadaista di star del cinema e citazioni vittoriane.
Questo è il cocktail che avrebbe portato, negli anni ’60, alla nascita della
swinging London. E la mostra di Peter Blake da Lorenzelli ci dà un piccolo assaggio di questa ricerca e di questo periodo. Blake è uno dei più noti pittori pop inglesi: suo è il quadro
On The Balcony (1955), una testimonianza rappresentativa dello svagato giovanilismo che pervase la Gran Bretagna al concludersi dell’austerity del secondo dopoguerra.
La mostra milanese si articola in tre sezioni. Un primo corpus di lavori che, dai primi anni ’80, ripercorrono la tematica dell’accumulo e del divismo cinematografico; la serie
Tracce, con disegni tratteggiati che ritraggono ora Carlo e Diana, ora animali da cortile; infine l’
Omaggio ai Collagisti.
In
Tracce colpiscono particolarmente i lavori dedicati ai wrestler, in cui i campioni dello sport sono raccontati attraverso l’evidenziazione di alcuni tratti legati al loro costume, in una rappresentazione a metà strada fra lo studio antropologico e la fantascienza. In
Omaggio ai Collagisti, invece, forse tra i lavori piĂą interessanti in mostra, Peter Blake cita e ricostruisce il lavoro di grandi maestri del dada tedesco come
Hannah Hoch,
Max Ernst e
Kurt Schwitters, facendo propria quella ricerca sulle origini dell’arte contemporanea che ha caratterizzato il lavoro di molti artisti della sua generazione.
La mostra, pur di ridotte dimensioni, attraverso un ripercorrere a distanza esperienze passate e gesti dichiaratamente pop, come i ritratti di
Marylin (1990), sottolinea una poetica che smette le vesti di festosa osservazione dell’epoca dei consumi e diventa quella di un colto studio sul processo di svuotamento del senso e sul feticcio.
Dopo decenni di ubriacature e successi del sistema dell’arte inglese, anche il glorioso racconto della
swinging London si trova infine a dover fare i conti con la crisi.