Dieci opere rappresentative degli
Anni Ottanta. Un decennio significativo per
Enzo Esposito (Benevento, 1946; vive a Milano), poiché allora si trasferisce in Lombardia e cambia radicalmente la propria ricerca artistica. Abbandonati gli interessi concettuali sul tema del corpo e della crudeltà del periodo 1970-73, e i successivi esperimenti fotografici che caratterizzavano la sua indagine, si dedica pienamente a una pittura astratto-espressionista.
Alla fine degli anni ‘70 la sua arte diventa ambientale, uscendo dalla tela per dipingere le pareti delle gallerie, in un impeto di energia e movimento. Quegli anni intrisi di filosofia e discussione post-modernista vedono il pittore entrare a far parte del movimento dei Nuovi Nuovi – teorizzato dal critico Renato Barilli – di cui diviene uno dei massimi rappresentanti, in risposta alla Transavanguardia.
Il tratto e i colori di Esposito sono inconfondibili: pennellate vigorose ed energiche, stese in verticale dall’alto al basso della tela, in cui nulla è lasciato al caso o alla mera ispirazione istintuale. Si tratta di una pittura decisa, fortemente cromatica, con pennellate di varia intensità e densità materica, in cui l’equilibrio appare perfettamente calibrato. Le tinte sono forti e sgargianti, ma in esse si distinguono anche i colori pastello del rosa e dell’azzurro, che ricordano il sogno e il gioco e tutta la sfera dei sentimenti “positivi”.
Opere che non hanno un titolo, per sottrarsi alla possibilità dell’interpretazione e allo stesso modo per evadere dai confini e dai limiti della tela, in una ricerca di libertà e superamento d’ogni condizionamento. Così, per esempio, talora inserti di vetro, legno e ferro contaminano il quadro.
Lo spettatore è accolto da un’immensa parete multicolore (
Senza titolo, 1980), dove il movimento del pennello ha creato decine di onde leggere. È un mare o un cielo in cui perdersi o, meglio, l’intima potenza della pittura che ragiona sulla propria essenza, senza falsi intellettualismi, solo con l’impeto della sua forza creatrice.
Così scrive Giorgio Cortenova: “
Ecco, nell’energia di Kandinsky Enzo rintracciava lo spumeggiare della metafora, il germogliare della proposizione cromatica, la bufera dei punti e dei segni nella grande simulazione del teatro della vita”.