L’hai già vista tante di quelle volte che quasi ti ha sciupato gli occhi. È sui libri di storia, sulle riviste e poco ci manca che a qualcuno venga in mente di usarla per pubblicizzare una bevanda ipocalorica. Puoi averla anche in casa: una copia stampata da
Igor Bakht negli anni ’60 non arriva a costare 4mila dollari, più o meno come una Panda usata o una crociera in Patagonia. Quella del miliziano freddato nel ’36 sul Cerro Muriano è la fotografia più celebre di
Robert Capa (Budapest, 1913 – Thai-Bin, 1954). È la fotografia più nota della guerra civile in Spagna. È tra le fotografie di guerra più celebri di sempre. È una delle fotografie-simbolo del XX secolo.
Ma in
Questa è la guerra! Robert Capa al lavoro non ha che un ruolo marginale. O forse, solamente, smette di vivere nell’esaltazione del mito e torna a essere pura immagine: cede in eccezionalità per porsi sullo stesso piano di ogni altro pezzo in mostra; stupisce come farebbe un fantasista che torna in difesa per dare una mano ai compagni.
Non la semplice, stucchevole parata d’immagini “famose”, e nemmeno una nuda e cruda retrospettiva di Capa. Piuttosto, ed è questo a ingolosire, la storia del reportage di guerra: attraverso le immagini di un maestro, ma anche per mezzo di documenti testuali che vanno dalle lettere dell’autore ai suoi appunti, fino alle determinanti note dei censori. Alcuni momenti assunti a titolo di esempio: chiaramente la Spagna (con tre servizi diversi) e lo sbarco in Normandia; ma anche il conflitto nippo-cinese del ’38 e, soprattutto, la furiosa sequenza del mitragliere americano freddato da un cecchino tedesco a Lipsia.
Carrellata, quest’ultima, che per modernità e capacità di fagocitare chi le sta davanti vale da sola il prezzo del biglietto, candidandosi a strappare ai
Dispacci di Michael Herr, in barba alla differenza di
media, la palma per la più potente narrazione di guerra fatta nel XX secolo.
Ecco poi il percorso della mostra sciogliersi senza soluzione di continuità nella retrospettiva dedicata a
Gerda Taro (Stoccarda, 1910 – Brunete, 1937), compagna di lavoro dello stesso Capa nei giorni frenetici della guerra civile spagnola e vittima lei stessa del conflitto; raffinata modellatrice di scene fortemente plastiche, dove la cronaca tende verso un sublime senso di teatralità.
L’assenza di “confini” tra le due mostre, chiaramente voluta, offre inedite occasioni di riflessione, che promettono e mantengono di restituire il clima di lavoro in tandem, le reciproche influenze e le differenze di approccio al mestiere di reporter. Differenze tecniche piuttosto evidenti almeno in una prima fase (uso di macchine e formati di stampa diversi), che rivelano la ricchezza e la particolarità di scelte metodologiche a tratti divergenti, a tratti complementari.
Il confronto, ben guidato dal ricco materiale di supporto alla visita, emerge significativamente proprio nel servizio sul Cerro Muriano, ricostruito nella sua presunta interezza grazie all’accostamento delle immagini di entrambi gli autori.