La mostra allestita al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano è l’occasione per scoprire, in una sintesi essenziale ma illuminante, il lavoro di una vita di questo fotografo, che a lungo ha vissuto nel capoluogo lombardo. Il Fondo
Arno Hammacher (L’Aja, 1927; vive a Milano) è conservato dal 1992 presso gli Archivi dell’Immagine della Regione Lombardia, che da circa dieci anni si occupa dello studio e del riordino di quest’immenso patrimonio d’immagini (circa 90mila supporti e altro materiale originale). La rassegna è il primo risultato di tale lavoro.
L’ambiente è in penombra: le fotografie spiccano contro supporti rivestiti con stoffe lucenti o sono stampate su pannelli retro-illuminati; fasci di luce localizzati sottolineano i dettagli; il suono e il formato evidenziano opere di particolare rilevanza qualitativa e simbolica. Innanzitutto quella che ritrae la quercia nel giardino della casa di famiglia, riprodotta all’inizio del percorso, essendo il primo soggetto fotografico di Hammacher, risalente al 1946.
Il tema della natura caratterizza l’intera sala, ispirata al concetto di “bosco”, con tanto di “nido” in cui è proiettato
Freeflower. Fiore in Libertà, ricostruzione della “multivisione” del 1973,
quando l’olandese sperimentava strumenti e tecnologie. Hammacher sceglieva allora di modificare l’utilizzo classico e, di conseguenza, i risultati del mezzo fotografico, realizzando un prodotto non più statico. Si tratta di sequenze realizzate nel Parco del Ticino, proposte in perfetta sincronia con il sonoro. Protagonisti sono gli ingranaggi delle macchine agricole, segno dell’avanzare della presenza dell’uomo nella natura.
Le distinzioni tematiche operate in mostra non elidono la continuità del lavoro di Hammacher. Nell’estrema eterogeneità dei soggetti si rintraccia l’interesse per l’ambiente e la materia, naturali o artificiali, o semplicemente antropizzati, luogo e prodotto della vita e dell’attività umana, dai manufatti artigianali alle componenti industriali. Quale che sia l’oggetto, risaltano i valori formali, le linee strutturali, la semplicità della loro essenza. Non è quindi casuale la condivisione del percorso dell’olandese con vari artisti, soprattutto scultori, documentato da alcuni scatti. Il gesto di Hammacher è, infatti, prima di tutto concettuale, determinato dalla scelta e dalla presenza dell’autore, di cui è spesso visibile l’ombra.
Accanto alle fotografie, trovano spazio altri documenti (macchine fotografiche, riviste, libri, appunti, provini) che testimoniano l’inesausto desiderio di sperimentare di Arno Hammacher.
Alla luce delle nuove tecnologie, l’artista torna sulle immagini – sempre realizzate su pellicola e in seguito rielaborate a scansione – per produrre un originale comunque unico. Lavoro e metodo trovano così la giusta consonanza nel museo che più di tutti è votato alla commistione e all’innovazione dei linguaggi.