From Pawns to Pillars è innanzitutto un viaggio onirico oltre il visibile. Segnalata e apprezzata dalla critica internazionale, risulta decisamente interessante la prova della giovane artista scozzese
Katie Orton.
A Milano presenta un itinerario che affonda l’analisi in un mondo verde come il panno dei tavoli da biliardo, per inseguire le effimere manifestazioni di ribelli figure in tela denim e sconfinando in un virtuoso gesto critico rispetto alle idiosincrasie della contemporaneità. In linea con la filosofia surrealista, le opere di Katie Orton sembrano tracciare il profilo dell’inconscio; ovvero, è evidente una critica radicale a ogni forma di razionalismo, per procedere invece verso un’esperienza cognitiva oltre la realtà: la sur-realtà, in cui appunto “veglia” e “sogno” si compenetrano, si mescolano, si fondono. Realtà e sogno si equivalgono e insieme muovono guerra alle convenzioni culturali.
Il mondo di Orton è fatto di oggetti rapiti al vivere quotidiano e reinterpretati alla luce di fantastici voli pindarici e metamorfosi imprevedibili. L’artista racconta la contemporaneità mettendone a fuoco il grottesco e l’inquietudine, offrendo al visitatore insoliti scenari di vertigini caotiche, in cui nulla è impossibile. Fuori del tempo e dello spazio,
From Pawns to Pillars è una mostra che dal minimalismo rigoroso della Galleria Annarumma404 straborda nell’oltre, nel volo senza rotta di un sogno infinito, carico di simbolismi, di segni e micro-segni di una società retta dal conformismo.
La strada del surrealismo ri-creativo diventa, in tal senso, lo specchio per mandare in frantumi un sistema di attitudini incoerenti e per dar sfogo a quanto di sommerso ribolle sotto l’apparenza. Partendo da un “banale” oggetto quotidiano – un bar, un cocktail, una sigaretta, una biglia – Orton riesce a smascherare schemi claustrofobici, costruendo un palcoscenico drammatico e al contempo grottesco. Attraverso installazioni, sculture e tele in cui l’utilizzo di materiali da riciclo è un ulteriore accento posto sulla ri-costruzione di questo “
mondo simbolico”, l’artista rivela una profonda attitudine alla ricerca e sperimentazione.
Per Katie Orton l’arte diventa allora indagine, un grande punto interrogativo sul presente. Un lettino freudiano attraverso il quale non inseguire risposte, ma semplicemente sollecitare domande. Non per indicare strade catartiche, ma per distogliere lo sguardo dall’abitudine.