Giapponese di nascita, italiana per scelta: da qui la
definizione di
Homelands,
‘patrie’
ovvero culture d’appartenenza, nel caso specifico modelli di ammirazione che,
indipendentemente dalla cittadinanza, hanno contribuito a caratterizzare una
poliedrica identità.
Alla personale allestita presso la nuova sede della
Galleria Bianconi, il legame con il paese di origine di
Fukushi Ito (Nagoya, 1952; vive a Milano) non
è solo ideologico e concettuale, ma si trasforma in atto di reale
“connessione”: la webcam permette all’artista di dividere la sua presenza fra
l’inaugurazione italiana e quella dedicatagli per l’omologa e contemporanea
esposizione alla Base Gallery di Tokio.
Eccola nello schermo mentre con entusiasmo intrattiene i
suoi “ospiti” italiani dalla galleria nipponica attraverso una videoconferenza,
poi registrata e attualmente visibile in mostra. Un’occasione speciale per
ricordare i trent’anni di attività trascorsi in Italia,
un lungo percorso a
coronamento del quale sembra stare il poliedro che assurge a simbolo
dell’esposizione. Lo si potrebbe definire un racconto fatto di persone, di
presenze preganti per la poetica dell’artista: attraverso l’estetizzazione
della computer grafica, trasforma le immagini delle varie personalità in tanti
piccoli omaggi, poi ricomposti in unica forma significante, quasi cosmologica,
ma di un universo molto personale.
Punti fermi nel movimento di rimbalzo fra luoghi e momenti
storici differenti, i titoli (
Nello spazio e nel tempo,
per l’appunto) e la forma sferica,
ricorrente in ogni elaborazione. Volume portatore di significati astratti,
nucleo di valori perfetti e conchiusi in se stessi, il formato globulare viene
perlopiù accostato a elementi che ne contrastano la compiutezza. Superfici
geometriche irregolari, frastagliate composizioni in lamiera, schizzi di colore
che sembrano voler disturbare la quiete delle sfere costituiscono quel gioco
dei contrari, quella ricerca della ricomposizione in unità delle ostilità tanto
cara alla filosofia orientale.
Ma i palinsesti di Fukushi Ito rappresentano soprattutto
riflessioni intellettuali, in un certo senso storico-artistiche. Nelle sue
composizioni, l’artista affronta una sorta di rivisitazione dello stile dei
suoi grandi maestri e in qualche modo cerca di mettere un pizzico di ciascuno
di loro nella personale lettura che ne trae. Ed è così che viene data forma a
una gamma di poetiche espressive che vanno dalla rarefazione mentale delle
complesse geometrie pierfrancescane fino alla saturazione di elementi sferici,
trasformazione in 3D dei pois di
Kusama, dallo studio delle proporzioni leonardesco agli
equilibri instabili di
Bruno Munari.
E non si dà nuova vita solo alle forme visibili degli
artisti, ma anche all’operare concettuale di letterati, storici dell’arte, eroi
mitici della cultura giapponese. In una grande autobiografia figurata di ciò
che nella sua vita ha avuto valore formativo.