L’arte incontra la logica. Non si tratta di un appuntamento stravagante su un tavolo operatorio, né di un convegno forzato, imposto dalla mano autoritaria dell’artista. Ma di una soluzione naturale, che avviene così, senza colpo ferire, nelle delicatissime vibrazioni di Ettore Favini (Cremona, 1974). Sono modulazioni su carta da spolvero, cadenzate da bucherellature sciamanti sul piano, poste a seguire le tracce arabescanti delle tessiture interne della pagina, sottolineando le qualità intrinseche della materia su cui il disegno, retroilluminato, si muove. Una “pittura” costruita con una sensibilità epidermica, da scrutare con attenzione. In cui la lievità della texture diviene spunto per un’analisi metodica della superficie, forata con gesto misurato e sistematico. Privo di qualunque coinvolgimento espressivo. Spogliato da sentimentalismi di sorta o da necessità materiche. Fino a raggiungere uno stato di imperturbabilità. A questo si aggiungono le declinazioni più marcatamente teoriche legate alle scienze, bagaglio concettuale dell’opera, che culminano nelle dimostrazioni sperimentali del Paradosso di Zenone. Se i ragionamenti zenoniani alludono all’imbroglio dell’apparenza, cui opporre la consistenza del pensiero, la pittura di Favini arriva all’azzeramento dell’esperienza sensibile, nell’abbandono risolutivo del segno grafico. Cui contrappone, proseguendo la ricerca sull’immagine, la serie dei Test, sagome in camoscio di dimensioni ridotte, riferibili alla tecnica proiettiva di Rorschach, utilizzata negli esami psicologici per individuare lo stato affettivo del paziente analizzando le sue interpretazioni del disegno.
Un pretesto, non tanto per mettere alla prova lo spettatore, né per perdersi in digressioni di fattura banalmente post romantica sull’eventuale follia latente in ciascuno di noi, quanto per ritornare sulle ambiguità della forma, sul rapporto tra realtà- apparenza. Sull’infinità di rimandi, analogie, collisioni tre esse possibili, nell’attesa della rivelazione del pensiero, che come la luce, nelle sue retro-illuminazioni, va a svelare ciò che l’occhio –e la mente– altrimenti non vedrebbero. La strada della verità, per dirla con Zenone. Il punto di rottura.
santa nastro
mostra visitata il 13 giugno 2005
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