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fino al 22.X.2010 Koka Ramishvili Milano, Artra
milano
Il mistero di una figurazione che mette in luce fragili debolezze. Agenti segreti in cerca di identità, nel turbine non-sense di situazioni al limite. Su tutto, forse, l’eco lontano di un treno...
contemporaneo più in voga nella Russia di oggi: si intitola La freccia
gialla. È la
storia di un treno, la freccia gialla appunto, tanto lungo che non se ne vede né capo né coda;
tanto veloce che non si ferma mai e tanto lento da non arrivare mai; così
disperato da rotolare verso la meta ultima di un ponte distrutto. Non è
importante sapere perché Andrej, il protagonista, sia su questo treno. È
importante vedere come prova, forse, a scenderne. Come tenta, sicuramente, di
leggere i suoi compagni di viaggio.
Per quell’affascinante capacità che hanno le arti di
guardarsi negli occhi, l’atmosfera de La freccia gialla è forse la sorella più fedele delle
visioni che Koka Ramishvili (Tbilisi, 1956; vive a Ginevra) trasmette all’interno dei
suoi lavori, tutti recentissimi, in mostra a Milano.
Alexei Yuschak lo ha inserito, per età anagrafica e
orizzonti di ricerca, nella cosiddetta “last Soviet generation”; Viktor Misiano, in occasione
della sua partecipazione all’ultima Biennale di Venezia, ha ricordato l’eccentricità
di un punto di vista equidistante da Mosca e dal resto del mondo, la condizione
“regionale” –
attenzione: non “provinciale” – di un artista che non può in fondo dirsi
pienamente orfano di alcuna ideologia.
Proprio per questo forse, proprio in virtù di una
ancestrale e atavica alterità rispetto alla cultura sovietica, l’opera di
Ramishvili sa raccontare spaesamento, dissoluzione e dissolvimento, tenendo un
registro fieramente proprio; senza sfiorare nemmeno per un istante la retorica,
senza attaccarsi ai maniglioni antipanico di una comoda uscita di sicurezza. È
arte sociale, quella di Ramishvili? Sì, anche: tra i suoi primi lavori c’è la
documentazione quasi scientifica, quasi giornalistica del crollo del regime e
della rinascita della Georgia. Arte sociale, allora: via, ci sta. Ma non arte
post-socialista. Oggetto d’indagine è l’individuo, sempre tenacemente negato:
mai un volto, mai un’espressione; una carrellata di torsi impegnati in azioni
che sfidano il comune buon senso, declamano uno smarrimento che trova radici
ben più profonde che non il crollo del Muro.
L’unica concessione arriva nelle labbra e nelle nuche
rubate di sottecchi nella serie di acquerelli di Story of Kaspar Hauser, dove dettagli di corpi e oggetti
da Kgb si compongono nel simulacro di una spy story senza trama apparente;
nell’ironico riferimento al misterioso giovane Hauser, personaggio oggetto di
fantasie esoteriche nella Germania di inizio Ottocento, e nella geniale follia
cinematografica di Werner Herzog.
Video, fotografia e infine pittura; Tea, Coffee e ancora Milk: tre linguaggi espressivi diversi
concorrono alla ricostruzione di una situazione unica; uomini e donne versano tè,
latte e caffé fuori dalla tazza, in una misurata rivoluzione. Un maestro, Koka
Ramishvili. Degno sfuggente passeggero de La freccia gialla.
Ramashvili alla Biennale del 2009
francesco sala
mostra visitata il 9 ottobre 2010
dal 20 settembre al 22 ottobre 2010
Koka Ramishvili – Double V
Galleria Artra
Via
Burlamacchi, 1 (zona Porta Romana) – 20135 Milano
Orario: da
martedì a sabato ore 10.30-13 e 15-19
Ingresso
libero
Testo critico
di Alberto Mugnaini
Info: tel. +39 025457373; info@artragallery.com;
www.artragallery.com
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