Una ventina di opere accompagna
il ritorno, la riemersione di
Pierluigi Pusole (Torino, 1963). La Galleria delle Battaglie e la Galleria
In Arco di Torino, in stretta collaborazione, aprono una nuova stagione
espositiva e formale inaugurando, come da tradizione (almeno per quanto
riguarda Pusole), la personale
Io Sono Dio.
In esposizione è una serie di
dipinti facenti parte del progetto, iniziato nel 1996, che porta lo stesso
titolo di questa personale e che sviluppa l’analisi dell’assenza attraverso il
proscenio pittorico, retroterra formale dell’artista.
La rapidità di Pusole, la sua
velocità in movimento è legata alla sfera
contenutistica e pratica, riflettendo la capacità di cogliere la
spregiudicatezza della mancanza di presa di fronte alla realtà della
rappresentazione. Pusole e la sua innata immediatezza compositiva hanno infatti
creato un nuovo linguaggio, che prende le distanze – in ambito torinese e
italiano – sia dalle incursioni concettuali che dalla Transavanguardia.
Nonostante
gli slanci naturalistici e non-definitori esposti a Brescia, è bene ricordare
che Pusole ha spesso lavorato sul paesaggio metropolitano e sui televisori,
intesi come protesi al-di-qua-di-uno-schermo, organi in espansione che operano
sullo spazio, attivandolo. È bene inoltre segnalare che, alla Biennale di
Venezia, nell’ambito di Aperto 90, presentò una serie di opere che si
legavano al ciclo scenico-formale dei Televisori, predicendo in parte il destino di una
nuova società transmediale.
Questa personale, invece, è
perfettamente adagiata sull’assenza, sulla presentificazione del paesaggio,
configurato come un pretesto pittorico e un’anomalia formale. Le opere seguono
tre soggetti diversi: i paesaggi, le vegetazioni e le cellule. L’atmosfera, in
ciascuno di essi, non è mai definita, risultando a-topica. I colori sono
sgargianti e decisamente mappati secondo campiture distinte all’interno
dell’area del dipinto.
La vivezza dell’attività
cromatica è costantemente calibrata e vibrata, arrivando diretta all’occhio di
chi osserva, come una risposta emotiva dell’autore. La presenza di chi guarda
dev’essere dello stesso spessore rispetto a chi ha attuato il dipinto negli
spazi: questa è la regola di Pusole, che rende talmente palpabile il proprio
immaginario, senza immergervisi all’interno.
Ciò che colpisce è il contrasto
tra la fluidità geometrica che fa capo, a prima vista, al nucleo naturale e
paesaggistico delle opere. L’imponenza che i dipinti esprimono si manifesta
attraverso un riverbero alternato: tra la sintesi e la dilazione, tra
l’impossibile e il non-verificabile, provocando mescite visive che esasperano i
territori dell’immaginazione, senza definire discorsi narrativi certi.
Questi livelli di comprensione
dell’opera di Pusole rappresentano diversi gradi di avvicinamento progressivo
allo stesso soggetto, in cui ogni parte sta per il tutto e il tutto si può
ritrovare in ogni singola parte.
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quella è italia 90,aperto è 93