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Per tentare di afferrare lo sfuggevole dinamismo e le forme aperte insite nella pratica dell’artista Simone Forti (Firenze,1935), preziose e limpide sono le interviste e conversazioni.
Nelle interviste, le sue parole non si possono scomporre, sono chiare e vibranti, rivelano intensi scorci di vita e incantano per la loro imprevedibilità e acutezza. Nella commovente “conversazione in movimento” del 2016 con l’amico Steve Paxton, pioniere della danza sperimentale americana, incontrato a New York nel secolo scorso, la qualità della voce di Simone Forti è morbida, rassicurante, senza velature o incrinature, a tratti incerta perché in vigile ascolto. Il suono muove il corpo prima che il corpo abbia il tempo di processarlo. L’impulso direziona il movimento, lento quanto inarrestabile, e anticipa la voce.
Ha inizio nel 1955 a San Francisco l’indagine sulla qualità del movimento (e poi del suono), quando Simone Forti, per caso, entra a far parte del laboratorio di ricerca sulla danza post-moderna della coreografa Anna Halprin. Dedicarono intense ore gioiose allo studio dell’anatomia empirica combinata con l’improvvisazione radicale, partendo dall’esplorazione delle natura della linea, dell’opposizione buio-luce, del senso del peso, dello spazio negativo tra due corpi.
I video che documentano la pratica di Simone Forti come “Movement Artist”, presentati nella mostra “On an Iron Post” alla galleria Raffaella Cortese contengono, manipolano e dilatano i principi della coscienza cinestetica. L’improvvisazione cede il passo al concetto elaborato.
Simone Forti, On An Iron Post, vista della mostra, foto di Lorenzo Palmieri, Courtesy dell’artista e Galleria Raffaella Cortese, Milano
Nel trittico dei tre video recenti (2014-2016), Simone Forti pensa e intuisce le cose del mondo attraverso il corpo. Sulle sponde ghiacciate del lago Michigan (“A Free Consultation”), ricercando il suono di una radio a manovella, è l’artista stessa a diventare segnale, a trasmettere le onde radio. Al pari delle “Dance Constructions” (1960) è una danza intima e poetica con la neve, ma anche una scultura. Nell’atto di bagnare, nelle acque tumultuose del fiume Missisipi, due bandiere (“Flag in the Water”), il corpo immerso di Simone Forti agisce in più direzioni e si fa avvolgere dalla corrente come in un suo “Floating Drawing” del 1971. È un rituale, una schema di movimenti minimalisti, forse un’operazione casuale Cageniana. Il corpo che gattona (il movimento biologico – originario – politico indagato nello studio di Merce Cunningham sul finire degli anni ‘50), che striscia e rotola, che gioca e manipola i giornali bagnati su una spiaggia del Pacifico (“Zuma News”). Simone Forti danza le notizie, rilascia le notizie attraverso il movimento. L’esuberanza è la stessa osservata negli “Animal Movements” (1970), all’origine dell’attitudine danzante.
Forti si trova in quello che chiama un “Dance State”, quando il corpo è presente, totalmente consapevole dentro al movimento e l’azione diventa così fluida e scorrevole. Anche la parola si mantiene in equilibrio con il gesto, come nel video “News Animation: Mad Brook Farm”. Una “Solo Performance” elaborata in una piccola comunità rurale del Vermont negli anni Ottanta, che, in maniera interdisciplinare, incorpora la musica, gli oggetti, i giornali (elemento fortemente autobiografico per l’artista) il movimento improvvisato e il linguaggio. La gestualità articolata e travolgente è in stretta comunicazione con il discorso che è impetuoso, espressivo, quasi severo. Le traiettorie rapide di una mosca in volo, la battaglia di uno scorpione che estrae il letale pungiglione, un corpo travolto da una tempesta e le alghe intrappolate nella schiuma. Poesia visiva in movimento.
Petra Chiodi
mostra visitata il 19 settembre 2018
Dal 18 settembre al 22 novembre 2018
Simone Forti, On An Iron Post
Galleria Raffaella Cortese, Milano
Via A. Stradella 7
Orari: da martedì a sabato ore 10:00 – 13:00 / 15:00 – 19.30 e su appuntamento
Info: www.raffaellacortese.com