Esiste un flusso
bidirezionale, fra l’Italia e l’America, negli anni che hanno preceduto la
Biennale di Venezia del 1964, quella che segna l’inizio dello strapotere
statunitense nell’arte. Il flusso è frutto d’una molteplice quantità di fattori
d’interesse, nelle due direzioni.
Di questa
bidirezionalità, la Galleria Fonte d’Abisso di Milano rende conto esaminando
una sola direzione: la linea tracciata dagli italiani andati in America e dagli
americani le cui origini italiane sono determinanti (e testimoniate da nomi
quali
Salvatore Scarpitta e
Conrad Marca-Relli).
Marco Meneguzzo,
nel saggio che accompagna il catalogo Silvana Editoriale, propone una lunga
introduzione, con la quale presenta i fattori storici che hanno favorito questo
flusso bidirezionale e, dopo quattro pagine dalle quali emerge per esempio il
diverso ruolo delle città di Venezia, Roma e Milano nei percorsi di scambio,
lascia aperta la domanda: “
Perché i nostri sono andati in America?”. Una questione
complessa, rispetto alla quale la mostra della piccola galleria milanese
propone più di un contributo.
Il primo è
istituzionale e consiste nel presentare, per frammenti, un saggio di questo interesse,
esponendo per ciascun autore poche opere, che tuttavia sono in grado di rappresentare
la sua poetica, in alcuni casi mettendo in evidenza declinazioni diverse dello
stile, talvolta in chiave più europea e talaltra in chiave più americana.
Bello da questo
punto di vista l’esempio di
Afro, del quale si vede un
Crepuscolo
d’estate, del ‘56, che è un’espressione tradizionale della sua
pittura, e poi un
Untitled del 1963, dove i rossi e l’effetto del
collage sono sintomi di una maggior libertà, ariosità, forse spensieratezza. Un
altro esempio è dato dalle opere di
Piero Dorazio e dal modo in
cui
Sempre verde del 1959 si stacca, con le escrescenze luminescenti di cui
il campo pittorico è denso, dalle altre due sue opere in mostra, più facilmente
inseribili nella sua pittura degli anni ‘50 e ‘60.
Il secondo
contributo che la mostra dà è di piacere, come spesso succede nella galleria
milanese. Dovendo presentare in antologica i vari artisti che devono esser
inseriti nel flusso di cui si diceva, la mostra propone anche lavori meno
convincenti, come quelli di
Arnaldo Pomodoro.
Ma compensa poi
con opere di forte impatto emotivo. Oltre a quelle già citate, aggiungiamo il
piccolo bronzo nero di
Costantino Nivola, il modo in cui Conrad
Marca-Relli tratta il rosso sulle sue lamiere, differenziando soltanto tra
opaco e lucido, in
Exit 4 L – 10 – 62,
o la freschezza con la quale le
sabbie su vinile di
Adra (
Toti Scialoja, 1958) accoglie il pubblico in
galleria.