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fino al 23.I.2010 | Zhang Huan / Miltos Manetas | Milano, Galleria Pack

di - 15 Gennaio 2010
Avevamo visto Zhang Huan (An Yang, 1965; vive a Shanghai e
New York) lo scorso anno in coppia con Franko B. alla Galleria Pack. Ora
l’artista cinese torna con la serie fotografica Family Tree – già parte della collezione del
Centre Pompidou – negli stessi spazi espositivi, opportunamente rivoluzionati
per ospitare un’opera di dimensioni museali. In dialogo con i dipinti di Miltos
Manetas
(Atene, 1964; vive a Londra e Milano), esposti a
margine dell’ultima Biennale veneziana nella mostra Unconditional Love.
Personalità artistiche diversissime: l’utilizzo del corpo
come strumento performativo nelle opere di Huan, l’enfatizzazione della
tecnologia nella produzione pittorica di Manetas. La ricerca dei quali è,
tuttavia, attraversata da una recondita armonia.
Family Tree di Zhang Huan riconferma il retroterra concettuale di una
poetica che riconosce al corpo il valore di mezzo estetico, impiegato
attraverso azioni performative che esplorano lo spazio dicotomico fra modernità
e tradizione. Huan utilizza in questo caso il proprio viso come una tela,
affidando a un calligrafo il compito di scrivervi la narrazione di un’antica
saga familiare: la serie fotografica in mostra è la testimonianza del
progressivo accumulo di ideogrammi sul volto dell’artista nel corso di
un’intera giornata.
A quest’opera si accompagna il video della performance
realizzata nel 2005 presso il complesso dei Musei Capitolini in Campidoglio,
dove la sacralità carnale del corpo si trasfigura nel basso continuo
dell’armonizzazione fra i corpi dei performer di differenti culture e i corpi
delle statue nel cortile dell’Urbe.
Se l’opera di Huan registra il connubio fra la modernità
dell’arte performativa e la tradizione cinese della calligrafia, nel caso di
Manetas la diade modernità/tradizione è rappresentata dalla scelta di affidare
al mezzo pittorico l’espressione del suo fanatismo per il computer.
Qui la raffigurazione esula dalla presenza umana: nature
morte che indugiano sui dettagli tecnologici di quella “società informatica” di cui parla Lev Manovich nel
suo saggio How To Represent Information Society?. Cavi per computer e prese scart
in primissimo
piano su fondi asettici, dove l’assenza umana è in realtà il nascondimento
della sua ombra, sempre presente dietro questi addentellati tecnologici di noi
stessi.

È la rilettura in chiave contemporanea della scena di
genere, tesa a catturare il climax della società informatica. L’heideggeriana
applicazione della tecnica. Ma anche il potenziale rivoluzionario di una nuova
estetica. O, forse, di una terza categoria fra arte e non-arte, che Manetas
teorizzò anni or sono attraverso il progetto Neen: l’utilizzo della rete e della
tecnologia per la realizzazione di nuove forme delle arti visive a opera di una
generazione eterogenea di artisti “tradizionali”, creatori di software, web
designer e autori di videogiochi.

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emanuele beluffi
mostra visitata il 9 dicembre 2009


dal 10 dicembre al 23 gennaio 2010
Zhang Huan / Miltos Manetas
Galleria Pack
Foro Buonaparte, 60 (zona Castello) – 20121 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 13-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0286996395; fax +39 0287390433; galleriapack@libero.it; www.galleriapack.com

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