La mostra appare davvero uno spartiacque fondamentale per gli studi specifici sul nostro Ottocento figurativo e sui rapporti che esso ha avuto con i coevi movimenti francesi: già dal titolo dell’esposizione, Impressionismo Italiano, annotiamo uno strappo importante rispetto alle consolidate consuetudini critiche. Probabilmente, infatti, non esiste, nell’Ottocento, un momento artistico che, sino ad oggi, sia stato così precisamente localizzato come l’Impressionismo , magmatico fenomeno squisitamente parigino che non ebbe sviluppi fuori dai confini francesi. Tale visione viene appunto ribaltata da questa mostra, che evidenzia come la scena pittorica italiana sia riuscita a recepire il nuovo messaggio anti-accademico innervandolo, tra l’altro, con un’originalità di vedute davvero sorprendente. In particolare l’apporto italiano appare decisamente variegato e diversificato, grazie alla presenza contemporanea di scuole figurative sostanzialmente diverse e di singoli artisti dotati di forte personalità pittorica. Dunque una presenza compatta ed eterogenea che forse manca del genio assoluto (penso al primo Monet o al percorso artistico complessivo di Cézanne) ma che certamente non merita di essere sempre relegata in posizioni di retroguardia da una critica (e, purtroppo anche dal pubblico) troppo spesso prevenuta. Proprio la forte tendenza e peculiarità regionalista viene messa in evidenza dal curatore della mostra, Renato Barilli, che coglie in questa frammentazione un elemento di forza e di originalità: “E dunque il caso Italia fu radicalmente regionalista: noi mancavamo di un centro di aggregazione come da secoli era, per la Francia, la capitale Parigi: e dunque anche per la ricerca di un impressionismo nostrano, sarà necessario seguire un criterio articolato e flessibile di policentrismo” (Barilli). Questo criterio articolato di policentrismo diviene un percorso affascinante attraverso opere e tendenze figurative davvero straordinarie: la possente innovazione della “macchia ” è sfruttata appieno da Giovanni Fattori nel Ritorno in Caserma del 1890 o nel Carro rosso, mentre il talento assoluto di Raffaello Sernesi diviene eclatante nella Stradina al sole dipinta negli anni ‘60 dell’Ottocento. Proprio in questa nuova corrente toscana, i Macchiaioli appunto, notiamo come la formidabile tradizione rinascimentale fiorentina – Masaccio su tutti – fu un importante punto di partenza per i giovani del Caffè Michelangelo che seppero trasformare le proprie radici in un linguaggio antiaccademico senza tuttavia rinnegarle. L’approccio figurativo napoletano appare sostanzialmente diverso da quello toscano, essendo visceralmente legato da un lato alla Scuola di Posillipo – veri eredi del paesaggismo settecentesco – e, dall’altro agli influssi del modello barbizonnier. Tra gli assoluti protagonisti ricordo il pugliese Giuseppe de Nittis; in particolare le sue due tele Monti Gialli e Nel cratere del Vesuvio, entrambe del 1871-72, sembrano davvero anticipare la futura ricerca cromatica del ciclo dei Covoni di Monet. A conferma di come lo scenario nostrano sia variegato ed eterogeneo basta osservare le bellissime tele dei lombardi Carcano, Ranzoni e Mosé Bianchi, in cui le sperimentazioni cromatiche si stanno rapidamente orientando verso il divisionismo. Il veneziano Zandomeneghi è invece l’artista per il quale il rapporto con l’impressionismo d’oltralpe appare davvero diretto e stringente: la sua Ballerina è, infatti, non solo un emozionante omaggio a Degas, ma soprattutto una prova di come il nuovo linguaggio poetico francese sia stato compiutamente recepito e rielaborato dall’artista.
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Il sito della mostra
luca scalco
mostra visitata il 25/10/2002
Impressionismo Italiano
Fino al 23 febbraio 2003
Palazzo Martinengo, via Musei 30, Brescia
Orari: tutti i giorni 9,30 – 19,30; chiuso il lunedì
Ingressi: intero € 6,50, ridotto € 5,00; gruppi (min. 10 persone – prenotazione obbligatoria) € 4,50; ridotto super (over 65, scuole, week end famiglia – min. 3 pers.) € 3,00
Informazioni: tel. 0302807934, e-mail: informazioni@bresciamostre.it
Catalogo: a cura di Reato Barilli ed. Mazzotta[exibart]
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Sarà, ma a me "impressionismo italiano" puzza parecchio di specchietto per le allodole.
veramente una mostra azzeccata in tutto e per tutto. notevole il lavoro di ricerca di renato barilli. da non perdere.