Destino e perfezione di
Aldo Runfola (Palermo, 1950; vive a Berlino) si accompagna per reminiscenza all’opera filosofica di un altro pensatore, quell’Andrea Emo che consegnò le proprie riflessioni all’opera postuma
Supremazia e maledizione. La mostra è incentrata sul concetto di autobiografia e sulla nozione metafisica del soggetto, a prescindere dunque dalle sue determinazioni fisiche e psichiche. E si articola attraverso quell’unico mezzo espressivo – di là da pittura, video, scultura o installazione – che ci sia dato conoscere: il linguaggio.
Il soggetto dell’autobiografia è il soggetto perfetto, in quanto consegnato alla struttura narrativa monologica della forma autobiografica. Una relazione in quanto tale necessita di almeno due termini. Se ipotizziamo che una forma dialogica passi
anche attraverso la relazione osservatore/opera d’arte, allora si può ipotizzarne l’intrinseca precarietà epistemica, in quanto votata allo squilibrio fra chi teorizza e chi, in una sorta di minorità , recepisce.
Dunque, il soggetto dell’autobiografia sarebbe il soggetto perfetto, in quanto sottratto a quella relazione esistenziale di cui parlava Sartre: io sono per gli altri un
per sé, gli altri mi opacizzano (ciò che lascia supporre la serigrafia su tre pannelli in alluminio, laddove Runfola riflette sul vincolo di sofferta solidarietà che lega il soggetto a tutti gli altri soggetti). Epitome metafisica del modello autobiografico, cioè l’autobiografia in quanto idea, sarebbe allora l’autobiografia cha Runfola ha dipinto su sei enormi pannelli sospesi nella semioscurità : la
Biografia perfetta.
Destino e perfezione, perfezione
è destino: così si potrebbe rovesciare il titolo della mostra. Il soggetto dell’autobiografia è il soggetto perfetto di un modello esemplare, la forma autobiografica. E contenuto
in nuce in ogni resoconto autobiografico è il destino, che non ha a che vedere né con la dimensione extra-fenomenica dell’entità divina, né con il vissuto del soggetto individuato e singolo, bensì con la forma logica del linguaggio. Come quando Wittgenstein, nel
Tractatus, afferma che la struttura logica delle proposizioni riflette la logica del mondo esterno.
Come Wittgenstein, Runfola non nega Dio né ne parla, mostrandone piuttosto la presenza, attraverso un’altra oggettivazione della forma-autobiografia, la dura melodia vetero-testamentaria del video
Saturday Afternoon (Decalogo). Forse Runfola, con la nozione del soggetto perfetto, intende riferirsi al soggetto non empirico, bensì meta-empirico. Proprio a quel soggetto metafisico di cui parla Wittgenstein nel
Tractatus.
In questo senso, il soggetto perfetto dell’autobiografia sarebbe l’io del solipsismo, che coincide con il realismo puro. Esso infatti si relaziona col mondo in un rapporto mediato dalla logica del linguaggio, l’
unico linguaggio che mi sia dato comprendere: io sono il mio mondo e i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.