Centocinquanta opere, di cui sessanta, tra tele e disegni di Jean Auguste Dominique Ingres (1780-1867), allievo virtuoso di Jaques-Louis David, “dialogano” con quelle di molti altri della sua epoca, soprattutto di Andrea Appiani (1754-1817), approdate a Milano grazie a prestiti
internazionali da importanti collezioni di tutto il mondo. Le opere dall’indiscutibile qualità mostrano luci e ombre del Neoclassicismo, tutt’altro che monolitico, attraverso oscillazioni di gusto tra ragione e sentimento, classicismo e romanticismo. A Palazzo Reale, la mostra “Jean Auguste Dominque Ingres e la vita artistica del suo tempo”, a cura di Stéphane Guégan e Florance Viguier-Dutheil, prodotta dal Comune di Milano con Civita, è il frutto di un gemellaggio con il Museo Ingres di Montauban, attualmente chiuso per restauri. L’ indiscusso protagonista del preromanticismo francese, noto per ritratti e sensuali odalische, che ha ispirato Picasso, Renoir, Degas, Hayez, Botero e altri artisti contemporanei, fino al regista Bob Wilson nella versione del videoritratto di Mademoiselle Caroline Riviere (1806), interpretato da Lady Gaga, nell’austero contesto di Palazzo Reale trova una cornice ideale, dove mostrare attraverso una parate di opere un epoca ammagliata dall’antico, dalla cultura greca e romana eletta a modello di una vita civile virtuosa e fermenti romantici. Non si può comprendere Ingres senza immergersi nel suo tempo coincidente con l’ascesa di Napoleone e la sua campagna d’Italia sino all’ingresso di Milano e all’incoronazione in Duomo del 1805. Ingres giunto a Roma con una borsa di studio nel 1806, dove ha vissuto per oltre 24 anni, è stato sedotto da Raffaello, come dimostra una copia dell’autoritratto del pittore urbinate (del 1820-24).
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Giove e Antiope, 1851. Musée d’Orsay, Parigi
Dal 1835 al 1841 ha diretto l’Accademia di Francia a Villa Medici, e per distinguersi dovrà fronteggiarsi con il colosso Jacques -Louis David, e il sublime Canova. Ingres per la sua modernità, in bilico tra idealismo classicista e passionalità romantica non fu capito dai critici francesi del suo tempo perché troppo «moderno», rispetto al gusto storicista-citazionista allora in voga. Il percorso espositivo strutturato per sezioni affronta diversi nuclei tematici, dai ritratti incantevoli, le odalische, alle scene mitologiche, con disegni di nudo carnali che svelano lati “passionali” di un gusto non soltanto algido o archeologico, conducono il visitatore dentro la sua pittura innovativa, anche se si fatica a riconoscere lo spirito rivoluzionario di Ingres per eccesso di stanze con “deviazioni”. Sullo sfondo di un Europa che stava modificando radicalmente i suoi confini, gli artisti condividono gusti e passioni, Ingres: «È un pittore cinese sperduto in mezzo alle rovine di Atene», commentò il critico Théophilie Silvestre e per altri era troppo «eclettico», e all’epoca non era un complimento. Ingres ebbe più fortuna in Italia, dove lavorò a lungo nei cantieri della Roma imperiale, ottenendo fama e prestigio. La mostra è incentrata sul rapporto tra Ingres e Milano, attraverso l’immensa iconografia dedicata a Napoleone, a partire dal busto eseguito da Giuseppe Ceracchi (1751-1801), un abbozzo scultoreo di colui che diventa il generale più in vista del direttorio, visto come il liberatore dai nemici austriaci, e il dipinto maestoso concesso dal Musée de l’armée Invalides di Parigi Napoleon Ier sur le trone imperial (1806) di Ingres, interpretato come Giove in trono, un imperatore romano trionfante, trasformato in una icona fredda, volto ieratico avvolto da un manto di velluto rosso e pelliccia di ermellino, con scettro di Carlo Magno, l’aquila, l’aureola e le sfere d’oro, simboli del potere. L’iconografia dell’Imperatore francese culmina con la serie completa dei Fasti, le 35 incisioni tratte dal fregio (perduto) di Appiani: una cronistoria della vita del generale dalla prima campagna d’Italia, fino alla sua incoronazione nel 1805 in Duomo, ideata come propaganda del suo governo. Sono di un realismo fotografico i suoi ritratti di gentiluomini eleganti, è di un realismo impressionante Portrait d’un jeune homme à la boucle d’oreille (1804), intriganti le donne al bagno turco, anche se mancano quelle più note, trionfa la Grande odalisca (1824-1834) nella versione monocroma del Met di New York , gemella di quella assente rimasta al Louvre. Da brivido la sequenza dei torsi maschili, dove Ingres si confronta con il maestro David; manca anche la famosa Medemoiselle Caroline Riviere, icona preromantica. Il percorso espositivo procede a intrecci tematici, attraverso Appiani, Canova, fino a Girodet e altri artisti dell’epoca, più una sezione dedicata a Gian Battista Sommariva, il protettore delle arti secondo Stendhal che ha amato Milano. E, anche se si esce dalla mostra didascalica con la sensazione di non aver colto in pieno la modernità di Ingres nell’epoca Neoclassica, mettendo insieme il patrimonio del Museo Montauban, che riaprirà il 12 dicembre, e fin troppe opere dei suoi contemporanei, provenienti da collezioni diverse, vince l’idea di un arte europea, da vedere per la qualità e il rigore scientifico.
Jacqueline Ceresoli
mostra visitata l’11 marzo
Dal 10 marzo al 23 giugno 2019
Jean Auguste Dominique Ingres e la vita artistica al tempo di Napoleone
Palazzo Reale, Milano
Info: www.palazzorealemilano.it www.mostraingres.it