Inaugura la nuova stagione espositiva da Zonca&Zonca con una selezione di monocromi curata da Luca Beatrice. Ogni qual volta è comparsa una tela monocroma nella storia dell’arte dell’ultimo secolo, si è parlato di punto critico nel dibattito sull’identità dell’arte o della pittura. Dallo Spazialismo alla retorica ironica di Maurizio Cattelan, un campo monocromo è sempre stato un campo di discussione. Intorno al grado zero della pittura
L’artista non è più il soggetto drammatico dell’informale. Lucio Fontana (foto) offende il limite della superficie piana per aprire l’opera allo spazio reale. L’arte diviene allo stesso tempo oggetto e soggetto della pittura stessa. Enrico Castellani frantuma lo spazio tipicamente bidimensionale della superficie, introflettendo la tela e creando ritmi di luci e ombre; il procedimento è quello di applicare chiodi sul retro che spingono o tirano la tela, rigorosamente monocroma.
Mario Schifano definisce i suoi monocromi “pittura grondante”: qui gli smalti divengono tutt’uno con la tela incollata con la carta da pacchi, il colore non è più subordinato al disegno. L’achrome di Piero Manzoni è inizialmente un impasto di gesso grezzo inciso, le tele vengono poi ricoperte di caolino, feltro, ovatta, polistirolo, lana, pelo di coniglio e pietre. Il bianco di questi lavori è un “non colore”, in quanto non è voluto dall’artista ma parte della materia stessa. Le forme di illusionismo di Getulio Alviani (qui in foto un esempio) sono dinamiche create dalle luci dell’alluminio: un lavoro dal rigore
Maurizio Cattelan seduce la storia dell’arte e la deride facendole fare un giro su se stessa, in Senza titolo Zorro è un vendicatore che fa il verso ai tagli di Fontana. La tela è squarciata in tre colpi a ricreare la ‘z’ dell’eroe mascherato: il risultato è una caricatura della ricerca sul grado zero della pittura, tanto dissacrante quanto opportuna per chiudere la discussione, con un colpo di spada.
In mostra anche opere di Boetti, Burri, Dorazio, Festa, Spalletti e Pancrazzi.
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