Le forme uniche nelle continuità nello spazio di Gianni Caravaggio (Rocca San Giovanni, Chieti, 1968) sono -semplicemente- dei solidi. Solidi cristallizzati nell’apparente immobilità di una disposizione studiata, di una distribuzione in serie sul pavimento di uno spazio espositivo. Che si fa scenario cosmico per il dondolio delle leggi delle fisica.
L’artista abruzzese, nome importante e sguardo scientifico, propone da Francesca Kaufmann un’interpretazione della fisica dei solidi, amabilmente in equilibrio tra scienza e favola, tra potenzialità dinamiche e necessità statiche. E lo fa con una serie di sculture che disperdono e immagazzinano energia, in base ai processi mentali di un artista che, demiurgo, ha un cervello costituito da forme mutevoli di ghiaccio. Questo almeno ci vuole lasciare intendere in My brain, riproduzione fotografica di un lavoro dell’artista ripreso dall’alto, costituito da un agglomerato di sfere di ghiaccio all’interno di un contenitore che crea scenari surreali. Il gelo di una mente in trasformazione ha creato innanzitutto Spreco di energia assoluta, il lavoro che dà il titolo alla mostra e che la apre: due solidi l’uno sull’altro, l’uno nell’altro, l’uno contro l’altro. Due volumi fortemente materici assurdamente in balia di una minuscola lenticchia che, solitaria e invisibile, sprigiona la forza primordiale del divenire, e smuove masse immense. E qui subentra la componente immaginifica, il tocco di favola: in una colata di crema bianca che si sprigiona dal contatto tra i due solidi.
Il nuovo spazio della galleria ospita una serie di ulteriori forme nello spazio, ulteriori corpi che si disperdono tra di loro e da loro disperdono energia. Significativo è il senso di Attendere un nuovo mondo, solido poliedrico che potenzialmente è in grado di stare in equilibrio su qualsiasi faccia, e che periodicamente affronta le leggi della fisica in un rumore sordo, che lo fanno cadere da un’altra parte, su un nuovo destino.
Provocando contemporaneamente la caduta di farina, borotalco e lenticchie distribuiti sulla sua superficie. Elementi scherzosi, favolistici e metaforici insieme, che sembrano spezzare la continuitĂ ferrea di un generale richiamo alla fisica assoluta, alle leggi perpetue della staticitĂ e della dinamica, alla genetica primordiale.
Mentre un video racconta il medesimo processo in divenire, altre forme volumetriche interpretano il pensiero di Caravaggio sulla fisica e la materia. In Cosa, un corpo scultoreo sapientemente squadrato, la cui superficie si increspa nei disegni della roccia, si spacca a metà lasciando vedere l’interno, come la polpa di un frutto suddiviso. In un continuo rimando alla natura e alla favola.
Cosmicomica, infine, è ancora una volta un solido poliedrico, dalla superficie nera e specchiante costellata di lenticchie. Che si muovono, scivolano, cambiano disposizione. Così piccole, eppure così essenziali nel loro mutare. Difficile dire dove veramente l’artista volesse arrivare a spingere la propria interpretazione: forse solo nel vuoto cosmico, in cui dominano leggi che si possono cambiare, o almeno interpretare. Forse solo nella natura quotidiana, che sprigiona energia, la disperde, la spreca. Ma che in questo spreco crea e genera, continuamente, dinamismo miracoloso. Quindi, ancora una volta, vita.
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Insomma è sempre la stessa opera quella di Caravaggio, cosa c'è di nuovo rispetto al suo passato?