“Bando agli anacronismi!” “Spezziamo le catene che ci legano al passato!” “Rivisitiamo il Futurismo!” “Rendiamolo un pensiero antistorico!” Potrebbero essere questi quattro inni-in-contrapposizione ad accogliere i visitatori all’ingresso dei rumoreggianti spazi della Gamec. Ma bisognerebbe redigere un nuovo programma, una dichiarazione poetico-artistica che, forse, avrebbe poco a che vedere con l’intera serie di opere esposte.
La mostra comprende una selezione di duecento lavori. Dipinti, sculture, video e installazioni che attraversano un secolo e ripropongono centoventi autori delle avanguardie mondiali. Tanto nel campo dell’arte quanto in quello della letteratura e dell’architettura, per sconfinare nel mondo del design e della musica. In continuo dislivello tra moderno e contemporaneo. Da
Pistoletto a
Hirst, da
Diulgheroff a
Crali, da
Cage a
Russolo, da
McCarthy a
Popova, da
Enzo Mari a
Sandro Chia, la mostra è un condensato contenutistico, visivo e sonoro di primo piano. Di rilievo, almeno, non tanto le ricercatezze, quanto la varietà e la caparbia degli accostamenti e dei raggruppamenti tematici che riuniscono gli artisti selezionati.
In verità, all’intera operazione curatoriale sottende un concetto che, solo a tratti, è stato sottolineato con la dovuta precisione. Il movimento del Futurismo è nato, ai primordi dell’avanguardismo europeo, nel 1909, il giorno della redazione del Manifesto, precisamente l’11 febbraio. Il Futurismo, però, com’è sorto è anche terminato, nel 1944, in seguito alla morte del suo carismatico promulgatore,
Filippo Tommaso Martinetti. Il peculiare linguaggio, il programma, gli intenti e le manifestazioni roboanti di questo movimento espressamente italiano sono sempre stati ben marcati. La
“ricostruzione futurista dell’universo” ha calcato le scene dei teatri e delle gallerie di tutta Europa, riverberando e coinvolgendo ogni disciplina che
in quel momento storico rifioriva e guardava al progresso.
Va dunque segnalata la correttezza della scelta di suddividere i lavori per aree tematico-concettuali. A partire dal Futurismo “storico” sono stati estrapolati e riproposti nove temi che hanno fondato la cosiddetta
“meccanizzazione che prepara il futuro del pensiero progressista”. Seguendo una sorta di logica da
Immaginazione senza fili, nelle sale della Gamec si possono osservare in parallelo tanto il Futurismo posto in relazione con le altre avanguardie del Novecento (eccezionale la collezione di grafica dei manifesti di
El Lissitzkij e
Aleksandr Rodchenko) quanto il Futurismo inserito in una logica di avanzamento estetico nel contemporaneo (audace l’inserimento di
Play piano for Ethiopia di
Paik -1989- nella sezione
La società dello spettacolo). Qualora si fosse convinti che il passato dell’arte non sia morto, perché il futuro del futurismo deve ancora arrivare, allora ci si potrà godere lo spettacolo. Un miracolo mirabolante che fascia gli occhi del visitatore, stordendolo con storie e composizioni ormai senza tempo e senza pretesa di brillante, assoluta esaustività.
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che carrozzone...
basta!! neofuturisti? basta accozzaglie rimasticate sospese tra passato e futuro