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“Hoysteria”, la prima mostra personale di Oscar Giaconia (Milano, 1978) alla GAMeC di Bergamo, è terribilmente familiare e seducente nonostante risulti ostile e chimicamente satura di odori, umori e materiali spesso sintetici, sia nel senso di artificiali (artificio/impostura/cammuffamento sono alla base dell’intera Mise en scène) che di sostanze capaci di proliferare da un livello “semplice” fino ad un risultato complesso.
“La pittura è nella sensazione, in che cosa si attraversa in senso biologico e fisiologico” (O. Giaconia). Materia che bagna, umetta, stilla, trasuda, che puzza, intossica e come le ventose del polipo Aye-Aye (2018) si incollano e ti avviluppano.
Del resto anche gli animali immaginari di Borges, già familiari agli uomini, tradiscono caratteristiche insospettabili. I replicanti elaborati da Giaconia – il guardiano di porci, il pesce monaco, lo sterminatore – e l’Overman che si illude di essere per prendere le distanze da sé stesso (interessante la vicinanza con l’idea di maschera di Erving Goffman) sono, strano a dirsi, facilmente immaginabili, cioè, con molta probabilità, abitano visceralmente certi luoghi psichici, certi meandri del corpo tra la bocca e l’ombelico. Tali esseri prodigiosi hanno vesti che ricordano squame di pesce, pelle di rettile e le zigrinature dei tentacoli, bulbi oculari vitrei o che emanano luce azzurrina e, come i loro parenti vertebrati, sembrano svincolarsi da un ambiente “acquatico”, da un “equipaggiamento” espressivo, adattandosi alla vita terrestre, grazie alle proprietà trasformative del medium pittorico.
Oscar Giaconia Hoysteria_courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contempornanea ph. Antonio Maniscalco
L’osteria/ostrica/isteria, la cui fusione in Hoysteria, è un’allucinazione cosciente e transcosciente – sempre duali e ambivalenti sono i poli semantici nel pensiero di Giaconia – che solletica e incatena (il linguaggio del pittore/doppiatore è tanto articolato e maestoso quanto l’elenco dei materiali impiegati: “olio su carta lubrificata su tela latticiata in teca di salpa carbonizzata e cera ai leganti proteici plasticizzati”). Proliferazioni vicinissime e assimilabili, mandano letteralmente fuori di sé il visitatore. Si è costretti al completo abbandono. Respirare la salpa (materiale derivato da scarti di origine bovina che ricopre ogni cosa in mostra), la trippa conciata e i grassi animali; adattare l’occhio ad una certa penombra; attraversare l’intermedio, l’ambiguo, il misto (J. Kristeva, Poteri dell’orrore); spellare e trapassare il corpo plasmato dai segni del deterioramento del trucco prostetico (Sexual Clumsiness of Amphibious Machine). Retroscena e ribalta sono simultaneamente sullo stesso piano, nella stessa dimensione temporale: i “props”, la bettola in legno ricostruita, il tavolo del truccatore, coesistono con le frattaglie (i resti) nel video in 16mm Sexual Clumsiness (2017). Per estensione la “goffaggine” (mista all’impostura) dell’artista resa apertamente, esplicita e conscia.
Lo scienziato visionario che abita Giaconia (le sue idee/forme sono attivatori di immaginazione senza limiti e la sua arte si scontra con il reale e vive già il futuro) getta nelle braccia dello spettatore un nuovo problema rovente: “dove sono?” (invece di “chi sono?”), per niente confortevole, per cui è indispensabile curvare lo sguardo e il pensiero. Nella pancia di Hoysteria ci si sente chiamati con il proprio nome, guardati dalla cosa vista, toccati e attraversati da un magma, nel preciso momento in cui scompare la velatura, la vertigine smette di appannare ed esplode la rivelazione.
Petra Chiodi
Mostra visitata il 20 gennaio 2019
Fino al 24 febbraio 2019
Oscar Giaconia, Hoysteria
GAMeC – Galleria D’Arte Moderna e Contemporanea
Via San Tomaso 53, Bergamo
Orari: da lunedì a domenica dalle ore 10:00 alle 18:00 – martedì chiuso
Info: gamec.it