La figura di Franco Zeffirelli è decisamente poliedrica ed affascinante: accanto al grande regista teatrale e cinematografico troviamo il feroce polemista, l’uomo di raffinata cultura ed impegno politico. Zeffirelli può essere amato o odiato, sicuramente non può essere trascurato. Il merito della mostra di dipinti teatrali e bozzetti, che si è aperta ai primi di febbraio alla Fondazione Nicola Trussardi, è quello di rivelare un altro aspetto poco conosciuto, ma fondamentale del Maestro: l’essere un grande pittore, un artista completo e versatile, capace di spaziare tra differenti modi espressivi sempre con grande abilità tecnica e comunicativa.
I bozzetti sono la parte più intima e affascinate di un lungo percorso intellettuale che il pubblico vedrà pienamente realizzato solo sulle tavole di un teatro o su uno schermo cinematografico; nel bozzetto, così come nei disegni dei grandi pittori, risiede l’idea platoniana, l’Idea originale, dunque l’espressione più diretta e istintiva che, spesso, descrive compiutamente lo spirito dell’autore. Tuttavia i bozzetti e i quadri teatrali di Zeffirelli, esposti al Trussardi Art Center, non sono semplici schizzi preparatori, ma opere compiute ed indipendenti che spaziano tra diversi stili espressivi, piegando questi stessi stili alle proprie esigenze professionali: si passa, ad esempio, del segno possente dei disegni per la realizzazione dei personaggi di Cleopatra (segno che ricorda vagamente i bassorilievi di Sironi), alle scenografie astratte del Così è se vi pare del 1984 sino alle splendide atmosfere romantiche dei bozzetti – o meglio quadri – ideati per l’Otello o al disegno di getto dei personaggi per Giulietta e Romeo di Shakespeare.
L’apice della mostra, a mio parere, è rappresentato dalla serie di bozzetti, di anni diversi, e quadri per la rappresentazione della Carmen di Bizet; l’eclettismo culturale di Franco Zeffirelli regala dei paesaggi di stampo quasi metafisico accanto ad un vero e proprio quadro astratto rappresentante Il sipario, senza perdere di vista il fine ultimo dell’opera, cioè la futura messa in scena. Proprio nella capacità di rileggere in modo originale e personale la lezione di maestri del passato sta la stigmate del grande artista che prende spunto e rielabora, senza mai cadere nella trappola della sterile riproposizione. Il denominatore comune del lavoro di Franco Zeffirellli rimane senza dubbio, il grande senso estetico, il piacere del bello (definizione, mi rendo conto, tanto filosoficamente vasta quanto pericolosa); nell’odierno panorama artistico, dominato dall’astrattismo e dalla perdita di valore del soggetto, il mondo figurativo zeffirelliano, anche se a volte può apparire vagamente retro, è spesso coinvolgente ed affascinante.
L’allestimento comprende, inoltre, numerosi e bellissimi costumi scenici, indossati poi da autentiche prime donne come Maria Callas, Teresa Stratas e Cher, creati da alcuni dei maggiori costumisti di questo secolo – Anna Anni, Piero Tosi, Danilo Donati – oltre a pezzi di gioielleria di scena e video, scelti dallo stesso regista, che illustrano compiutamente il mondo culturale di Franco Zeffirelli.
Luca Scalco
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