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Da uno striscione studentesco di protesta,
scritto in maniera incompleta su uno scampolo, trovato appeso di fronte
all’Accademia d’Arte di Vienna, Alexander Wolff (Berlino, 1976) estrae la sua
teoria per una nuova pittura, una nuova domanda sulle diverse possibilità di
stimolare il contesto percettivo attraverso insoliti elementi compositivi. Nello
specifico, per stimolare la comprensione e l’assemblaggio geometrico
dell’artista berlinese sembrano essere appena necessari: un grosso pezzo di
stoffa, un rullo per pittura, vernice e una copertura che non è nera, ma che si
rivela cangiare, perché accostata a un grigio fangoso, forse risultato dalla
mescola di diverse pitture.
“È tutto inscritto”, ritiene Wolff, “in
questo dipingere, non solo un messaggio leggibile, ma un’intenzione. Dipingere
questa frase, in senso politico, diventa partecipare a un dialogo più grande,
l’intervento degli studenti nel mondo di ciò che è scritto, detto e fatto, che
vorrebbero cambiare o di cui vorrebbero fare parte”. E prosegue: “La
pittura reagisce secondo queste storie, piegandosi alla specificità di ciò che
il momento domanda, diventando la visualizzazione del creare un’opera nello
spazio e nel tempo”.
Attraverso una semplice intuizione, questa
sorta di attività di ricerca e di mind game applicati alla
pittura si svolgono, per Wolff, tra l’iridescenza delle sfumature e il volume
necessario a completare il suo ricordo dello striscione di fronte all’Accademia
di Vienna. Secondo l’artista, “la texture delle strade sulla quale devono
aver dipinto la frase, l’unico spazio largo abbastanza da srotolare tale tela,
lascia un’impronta del contesto forzato della loro creazione”. Nella sua ultima
personale milanese, ogni opera riesuma il percorso e le modalità, sempre
leggibili, che lo hanno spinto a creare qualcosa. Il titolo Visualizzazione significa quindi “manifestazione
dell’utilizzo della pittura”.
Dal dettaglio architettonico, come il fregio
di un palazzo, alle modalità pittoriche, come il falsare una prospettiva,
nascono differenti disposizioni dell’elemento formale, struttura chiave di ogni
doppia-dimensione. Wolff utilizza, in galleria, le pareti come se fossero
protesi delle tele. Le opere fungono da sintesi e analisi al tempo stesso per
l’immaginazione dello spettatore. L’artista utilizza materiali spontanei, elementi diversi (pittura
e polvere delle strade), per dilatare l’illusione ottica del gesto pittorico,
ampliandone la suggestione formale.
Nel processo di pieni e vuoti, di bianchi e neri,
di grigi e color giallo-di-Siena, è stata sviluppata una sorta di impronta
concettuale che trasforma i suoi dipinti in una sorta di prolungamento
transitorio dello spazio; un luogo che integra la cornice con il soggetto
ottico, fusi entrambi in un impenetrabile coacervo di livelli di lettura.
In galleria le coreografie multilineari di Wolff stipulano
molti patti non scritti, fra le composizioni e coloro che ne fruiranno. Le
combinazioni architettoniche dell’artista berlinese infatti appaiono e
scompaiono, affiorano e s’immergono, confondendo i piani visivi e spesso
mistificandone le intenzioni narrative.
articoli correlati
Wolff
ad Artissima 16
E
ad Arte Fiera nel 2009
In
collettiva a Belgrado
ginevra bria
mostra visitata il 20 marzo 2010
dal 25 febbraio al 24 aprile 2010
Alexander
Wolff – Visualizzazione
Federico Bianchi Contemporary Art
Via Imbonati, 12 (zona Maciachini) – 20159
Milano
Orario: da martedì a sabato ore 13-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0341289202; info@federicobianchigallery.com;
www.federicobianchigallery.com
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