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14
luglio 2010
fino al 24.VII.2010 Mario Garcia Torres Milano, Peep-Hole
milano
Una nostalgia conviviale pervade gli spazi di Peep-Hole. Nel frattempo, una canzone melanconica tiene compagnia. È il saluto accogliente di Mario Garcia Torres per la sua prima personale italiana...
L’arte
contemporanea è il più delle volte autoreferenziale. Lo è sempre più spesso e
talvolta, purtroppo, gratuitamente. Di fronte al progressivo scollamento fra
arte e vita che caratterizza questi ultimi decenni, il lavoro di Mario
Garcia Torres (Monclova,
1975; vive a Los Angeles) pone invece un ponte, che finalmente crea un
collegamento – rivela una connessione – e dimostra come la prima ragion
d’essere dell’arte sia proprio la vita. Fortunatamente.
Seppur di matrice
evidentemente concettuale, infatti, il progetto ideato per gli spazi di
Peep-Hole, dal titolo I Will Be With You Shortly, chiama immediatamente in causa
fattori esperienziali che indagano i concetti di tempo, di creazione e di
fruizione dell’arte.
Tutte le opere in
mostra manifestano innanzitutto un’assenza, seppure in modo diverso e sempre
discreto. Quella dell’artista, che si esplicita in un intervento delicato e
personale: una lettera, scritta a noi visitatori, che insieme indica e
suggerisce, in mancanza dell’autore, il senso dell’intero progetto e si
conclude – con affetto e con una promessa – citando il titolo della mostra,
“sarò con voi presto“.
Oltre a quella
dell’artista però, l’altra assenza che viene percepita è quella del tempo. O
meglio, una sua dilatazione. La parentesi temporale è infatti il tacito patto fra
l’artista e il suo pubblico, affinché possa avvenire uno scambio, in questo
caso addirittura emozionale.

La
stessa scelta curatoriale di presentare, all’ingresso di una stanza
apparentemente vuota, un tavolo e una lampada che lo illumina dall’alto, indicando
i puzzle che i visitatori possono soffermarsi a completare, pone fin dal principio
l’accento – in linea con la poetica autoriale – su “uno spazio nel
tempo” in cui esperire l’attesa e il lento passaggio degli istanti. Del
resto, le prime parole che Mario scrive nella sua lettera non sono solo un
ringraziamento: “Cari amici, la prima cosa che vorrei
dirvi con questa lettera è grazie, per essere venuti a passare del tempo in mostra“. Sottolineano,
invece, così come gli orologi urbani milanesi di Time to Piece, un lasso di tempo necessario (seppur minimo o relativo) a
innescare una condivisione, di qualsiasi tipo essa sia. Lo stesso accade per May
2010 dalla serie Pocket Scratching, di matrice duchiampiana, in cui un’immagine reca su
di sé le tracce fisiche del passaggio temporale.

Intanto
una canzone folk invade la stanza e a sua volta scandisce i minuti, nel
susseguirsi lento delle note, cullando i visitatori in una melanconica melodia
che riflette sulle ragioni dell’essere artista e che allo stesso tempo pone un
ulteriore patto con il proprio pubblico (oltre che con se stessi) nella
promessa di fare ogni volta del proprio meglio.
In
questo modo e con l’ultimo lavoro presente in mostra, Dear Beholder, che rivela le mani dell’artista
mentre battono su una macchina da scrivere una lettera – molto simile a quella
che ha scritto a noi – si chiude in uno spazio circolare, quasi con magia,
quello “stato di sospensione” che Mario Garcia Torres ha saputo
ritagliare fuori dalla quotidianità per farcene dono.
contemporanea è il più delle volte autoreferenziale. Lo è sempre più spesso e
talvolta, purtroppo, gratuitamente. Di fronte al progressivo scollamento fra
arte e vita che caratterizza questi ultimi decenni, il lavoro di Mario
Garcia Torres (Monclova,
1975; vive a Los Angeles) pone invece un ponte, che finalmente crea un
collegamento – rivela una connessione – e dimostra come la prima ragion
d’essere dell’arte sia proprio la vita. Fortunatamente.
Seppur di matrice
evidentemente concettuale, infatti, il progetto ideato per gli spazi di
Peep-Hole, dal titolo I Will Be With You Shortly, chiama immediatamente in causa
fattori esperienziali che indagano i concetti di tempo, di creazione e di
fruizione dell’arte.
Tutte le opere in
mostra manifestano innanzitutto un’assenza, seppure in modo diverso e sempre
discreto. Quella dell’artista, che si esplicita in un intervento delicato e
personale: una lettera, scritta a noi visitatori, che insieme indica e
suggerisce, in mancanza dell’autore, il senso dell’intero progetto e si
conclude – con affetto e con una promessa – citando il titolo della mostra,
“sarò con voi presto“.
Oltre a quella
dell’artista però, l’altra assenza che viene percepita è quella del tempo. O
meglio, una sua dilatazione. La parentesi temporale è infatti il tacito patto fra
l’artista e il suo pubblico, affinché possa avvenire uno scambio, in questo
caso addirittura emozionale.

La
stessa scelta curatoriale di presentare, all’ingresso di una stanza
apparentemente vuota, un tavolo e una lampada che lo illumina dall’alto, indicando
i puzzle che i visitatori possono soffermarsi a completare, pone fin dal principio
l’accento – in linea con la poetica autoriale – su “uno spazio nel
tempo” in cui esperire l’attesa e il lento passaggio degli istanti. Del
resto, le prime parole che Mario scrive nella sua lettera non sono solo un
ringraziamento: “Cari amici, la prima cosa che vorrei
dirvi con questa lettera è grazie, per essere venuti a passare del tempo in mostra“. Sottolineano,
invece, così come gli orologi urbani milanesi di Time to Piece, un lasso di tempo necessario (seppur minimo o relativo) a
innescare una condivisione, di qualsiasi tipo essa sia. Lo stesso accade per May
2010 dalla serie Pocket Scratching, di matrice duchiampiana, in cui un’immagine reca su
di sé le tracce fisiche del passaggio temporale.

Intanto
una canzone folk invade la stanza e a sua volta scandisce i minuti, nel
susseguirsi lento delle note, cullando i visitatori in una melanconica melodia
che riflette sulle ragioni dell’essere artista e che allo stesso tempo pone un
ulteriore patto con il proprio pubblico (oltre che con se stessi) nella
promessa di fare ogni volta del proprio meglio.
In
questo modo e con l’ultimo lavoro presente in mostra, Dear Beholder, che rivela le mani dell’artista
mentre battono su una macchina da scrivere una lettera – molto simile a quella
che ha scritto a noi – si chiude in uno spazio circolare, quasi con magia,
quello “stato di sospensione” che Mario Garcia Torres ha saputo
ritagliare fuori dalla quotidianità per farcene dono.
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giugno 2010
dal
primo giugno al 24 luglio 2010
Mario
Garcia Torres – I Will Be With You Shortly
Peep-Hole
Via Panfilo
Castaldi, 33 (zona Porta Venezia) – 20124 Milano
Orario: da
martedì a sabato ore 15-19
Ingresso
libero
Info: mob. +39
3385694112; info@peep-hole.org; www.peep-hole.org
[exibart]
come mai lucarossi non interviene… è colluso con il mainstream di Peep-Hole?
Questo mainstream e’ il meglio che c’è in Italia. La mia stessa visione critica si rivolge a quello che considero il meglio. Questo meglio spesso diventa un muretto rassicurante che non permette di andare oltre.
Forse si tratta di deframmentare questo sistema-muretto per mettere in discussione alcune dinamiche che sono risibili se applicate al ristretto sistema italiano.
mainstream? linguaggio e commenti da sfigati.