Ciascuna delle sculture di Nathalie
Djurberg (Lysekil, 1978; vive a Berlino) sembra avere una narratività
intrinseca, come se l’artista avesse isolato un frammento casuale di storia, e
per questo fosse costretta a presentarle all’interno di box in plexiglas,
accorgimento necessario per impedire loro di uscire, di animarsi e richiamare a
sé gli altri elementi della narrazione, bloccandone così il processo di
affabulazione, senza però eliminarne il fascino.Come alla Fondazione Prada o alla Biennale,
anche per la sua nuova mostra da Giò Marconi viene dedicata grande attenzione
ai dettagli dell’allestimento, dalle tende elegantemente rattoppate che chiudono
l’accesso alle due sale ai morbidi tappeti e alle effusioni di vaniglia nella
cripta sotterranea, che esaltano l’atmosfera incantata e teatrale dei suoi
pupazzi dall’aspetto tenero e terribile al tempo stesso.La loro strana delicatezza, anche per le
suggestioni del materiale utilizzato e della tecnica di animazione, si origina
dalla prossimità con un immaginario infantile che deforma la realtà, facendone
un incubo spaventoso e attraente, mescolando l’innocente e il selvaggio,
crudeltà e seduzione. Come nel video presentato al piano inferiore della
galleria, in cui la danza voluttuosa e visionaria di una donna nuda con una
rana, che la bacia e ne esplora il corpo con le zampe e la lingua, riporta la sessualità al
centro di un rito di evasione, riaffermando il primato del corporeo sullo
spirituale.
In La morale del JouJou, Charles Baudelaire ha descritto
il rapporto del bambino con il giocattolo come un momento epistemologico di
iniziazione all’arte. Il suo aprire, rompere, fare a pezzi il balocco risponde
all’esigenza di “vederne l’anima”. Ma si tratta di una ricerca destinata allo
scacco: il giocattolo rotto perde la sua magia senza svelarne il segreto.
Djurberg ripercorre lo stesso procedimento nella sua nuova mostra, scrutando e
facendo a pezzi – letteralmente, nel video Snakes know it’s Yoga – un esercito di asceti
per vedere cosa si nasconde all’interno delle loro pratiche e delle loro
visioni. E come il serpente del video che ne ipnotizza uno per poi smembrarlo,
sembra non trovare nulla, oltre all’orrore del mistico.Le loro ascesi su letti chiodati, con fruste e
spuntoni nelle carni, sono fini a se stesse, pratiche dolorose che non portano
ad alcuna estasi. Esercizio spirituale e mortificazione della carne si mostrano
soltanto come dolore, incuria, trascuratezza, degrado. I demoni con cui lottano
alcune delle oltre sessanta sculture sono i vincoli di un corpo troppo pesante,
goffo, sgraziato, che impedisce ogni possibilità di elevazione spirituale.
La materia prevale sullo spirito, riportando i
santoni al loro essere concretamente fatti di carne e ossa, senza alcuna
possibilità di evasione o di un’illuminazione liberatrice. articoli correlati
Nathalie Djurberg alla Fondazione Prada
I mondi della Biennale 2009
Pornovienna
stefano mazzoni
mostra visitata il 1° giugno 2010
dal primo giugno al 24 luglio 2010
Nathalie
Djurberg – Snakes know it’s Yoga
Galleria Giò Marconi
Via Tadino, 15
(zona piazza Lima) – 20124 Milano
Orario: da
martedì a sabato ore 10.30-12.30 e 15.30-19
Ingresso
libero
Info: tel./fax
+39 0229404373; info@giomarconi.com;
www.giomarconi.com
[exibart]
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HO VISTO LA MOSTRA, IMPRESSIONI:
Secondo me, sono bellissimi i video ma i pupazzi esposti da soli nella galleria, non funzionano.
Sembra di entrare in un negozietto che vende giocattolerie fantasy o similari. Non trovo interessanti neanche gli espositori e l'illuminazione dei pupazzi.
Solo i video con le musiche si confermano eccezionali!