Le parole d’ordine delle opere di
Juul Kraijer (Assen, 1970) sono
compenetrazione e
ossessione. Eppure, paradossalmente, si tratta di tenui e “aggraziate” opere su carta, disegni realizzati con carboncino o pastelli. Volti o corpi femminili su cui però si manifestano escrescenze animali o vegetali. Il corpo umano si fonde con elementi che gli sono alieni: donne avviluppate in un intrico di rami che spuntano dal busto, donne a cui è cresciuto un corpo di foca oppure la cui lingua è sostituita da un cavalluccio marino. Compenetrazione dunque, ma non di piani come nel futurismo. Non esiste infatti profondità né prospettiva e il soggetto in primo piano si staglia nel vuoto. Ciò che si compenetra è la dimensione umana con elementi esterni, che sono il prodotto diretto della personalità e delle sofferenze psicologiche ed esistenziali (la lettura di imposizioni socio-politiche può forse essere solo immaginata).
Il viluppo inestricabile che compare nei lavori dell’artista instilla una dose di poetica e ossessiva ansia, simboleggiata al meglio dai nugoli d’insetti che talvolta circondano il viso dei soggetti. Insetti che ronzano in testa come cattivi pensieri, essenza di un sé che si sfrangia in mille rivoli, non più unificabili.
La sottile inquietudine di Kraijer è rappresentata altrettanto bene nel video in mostra, che raccoglie in sé tutta la poetica dell’artista: una donna sta irrequieta nella sua stanza e, a intervalli regolari, si producono flash del mondo esterno. Un mondo dominato da stormi di insetti che circondano ogni oggetto. Il particolare tipo di ansia raffigurato sembra allora consistere nell’ansia di stare nei propri panni, di essere proprio sé stessi e nessun altro. La difficoltà di mantenere la propria logora personalità e di rifiutare le modifiche provenienti dall’esterno, per quanto affascinanti possano essere. Simboliche in questo senso le opere in cui il contorno del corpo è delineato solo dalle parole.
“Noli me tangere” è la frase che vi si può leggere. Una richiesta di quiete, ma anche di un’autonomia e di una tranquillità che per ora sembra negata.
In mostra anche una raffinata scultura, la seconda realizzata finora dall’olandese. Anche qui l’ossessione è all’opera: dalla testa che costituisce il corpo centrale spuntano tante altre piccole teste, uguali alla prima e con la bocca aperta. Il rumore prodotto dagli alter ego mentali è evidentemente insopportabile, dato che la testa principale tiene la bocca serrata. Tenue, dolce ossessione, dunque. Alla quale è bellissimo lasciarsi andare, soprattutto per la qualità delle opere. E per l’interesse della ricerca messa in atto.