Si è inaugurata lo scorso 3 ottobre, nelle sale di Palazzo Reale, una grande mostra dedicata alla pittura del Cinquecento in Lombardia. L’evento, promosso dal Comune di Milano, è organizzato e prodotto da Palazzo Reale con ArtificioSkira (editore anche del catalogo di oltre 500 pagine), in collaborazione con la Banca Popolare di Milano e il Corriere della Sera. Ha come ideatore e curatore Flavio Caroli, già protagonista della precedente grande mostra milanese “L’anima e il Volto” e come membri del comitato scientifico Carlo Pedretti e Claudio Strinati.
Più di 200 opere tra dipinti, arazzi e sculture, provenienti dai maggiori musei italiani e stranieri nonché da collezioni private, sono suddivisi in tre grandi aree di appartenenza pittorica e regionale, a loro volta scandite in nove ampie sezioni. Ottimo è l’allestimento e l’uso delle luci, troppo sibillini e per addetti ai lavori i pannelli didattici.
La tesi su cui si fonda la mostra, prima esposizione interamente dedicata al Cinquecento lombardo, è in gran parte un omaggio al grande storico dell’arte Roberto Longhi che, nel memorabile saggio “Quesiti Caravaggeschi. I precedenti”( 1928-1929), individuò nella pittura lombarda cinquecentesca la matrice dell’arte di Caravaggio e l’origine di una rivoluzione artistica di portata europea. Il famoso storico dell’arte, formatosi alla scuola purovisibilistica ottocentesca, riconosceva come unica fonte caravaggesca la “pittura di realtà” visibile, ottica, luministica, nata con Vincenzo Foppa e poi sviluppata dai grandi maestri bresciani e bergamaschi (Savoldo, Romanino, il Moretto, Moroni…).Trascurava, invece, il lascito di Leonardo e dei suoi seguaci, anch’essi attenti al vero, ma soprattutto affascinati dalla verità interiore, dai “moti dell’animo”. Dall’incontro tra la verità “ottica” di Foppa e quella “psicologica” di Leonardo nacque, per citare lo stesso Caroli, quel “prodigio genetico”, quella “miscela cromosomica” che caratterizzò tutta l’arte del Cinquecento in Lombardia.
Le prime due sale della mostra sono quindi dedicate ai grandi protagonisti di queste due correnti artistiche, poi fusesi assieme: Vincenzo Foppa e Leonardo da Vinci.
Tra le opere del grande artista bresciano, scoperto e rivalutato dallo stesso Longhi, è presente la bellissima Madonna del Libro della Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano, esempio della ricerca di una nuova verità luministica entro le ricerche prospettiche quattrocentesche.
I “moti dell’animo” e la verità interiore di Leonardo sono invece sublimemente rappresentati dal Christo fanciullo, una delle sculture attribuite al grande artista, e dalla terza versione (in realtà la seconda cronologicamente) della Vergine delle Rocce, di collezione privata svizzera e per la prima volta esposta in Italia.
La rivoluzione pittorica, suscitata dall’incontro delle due tendenze, trovò un suo primo sviluppo a Milano, Cremona, Lodi e, con caratteristiche piuttosto originali, a Brescia e Bergamo. A questi “precedenti caravaggeschi” sono dedicate le tre successive sezioni della mostra costituite da ben tredici sale.
Aprono il nuovo capitolo i rappresentanti della Milano del primo Cinquecento: Bergognone e Zenale, i “leonardeschi” Giovan Antonio Boltraffio, Andrea Solario, Cesare da Sesto, Francesco Melzi, Bernardino Luini, Giampietrino con numerose opere da musei stranieri o collezioni private. Non poteva mancare l’originalissimo Bramantino, di cui sono qui esposti due magnifici Arazzi dei Mesi Trivulzio dalla Pinacoteca del Castello Sforzesco e la Lucrezia di collezione privata non più vista da più di ottant’anni.
Tra le opere più belle di ambito cremonese, spicca il piccolo dipinto di Boccaccio Boccaccino con la Zingarella degli Uffizi, il Ritratto di dama di Altobello Melone né va dimenticato il grande stendardo di Vincenzo Civerchio, eseguito per Crema, ma ora a Budapest, restaurato in occasione della mostra.
Seguono i grandi artisti bresciani e bergamaschi, cui sono dedicate due immense sale: Lorenzo Lotto è presente con ben dieci opere tra le sue più note, numerosi sono anche i dipinti di Savoldo, di cui è esposta una Crocefissione ritrovata di recente, Romanino, Moretto e Moroni, il cui Cavaliere in rosa – già esposto all ”Anima e il Volto” – vuole sottolineare il legame tra le due rassegne.
I “precedenti caravaggeschi” sono seguiti da una lotta che si apre in Lombardia con l’arrivo di Giulio Romano alla corte dei Gonzaga a Mantova. L’allievo di Raffaello, rappresentante del manierismo romano, innesta in Lombardia una cultura estranea al realismo locale che troverà un’interpretazione del tutto originale in Correggio e Parmigianino (considerati lombardi da Vasari) e successivamente nei cremonesi Giulio, Vincenzo, Antonio Campi e nelle sorelle Anguissola.
La mostra prosegue con un nuovo capitolo dedicato alla pittura a Milano in epoca spagnola: ne sono protagonisti il piemontese Gaudenzio Ferrari, l’Arcimboldo e soprattutto Giovan Paolo Lomazzo, pittore che, divenuto cieco, si dedicò allo studio di Leonardo e dei “moti dell’animo” e scrisse trattati che fecero scuola presso gli artisti contemporanei. A lui guardò Ambrogio Figino che, agli inizi degli anni Novanta, dipinse la prima natura morta della Storia dell’Arte ed il Peterzano, primo maestro a Milano di Caravaggio.
A Michelangelo Merisi da Caravaggio la mostra dedica la sezione finale intitolata “Quesiti Caravaggeschi”: titolo longhiano che allude non solo al famoso saggio già ricordato, ma anche al fatto che delle sette opere esposte quattro sono di sicura autografia, mentre le rimanenti ( Amore dormiente da Indianapolis, Scudo con testa di Medusa e Suonatore di liuto di collezione privata) sono di attribuzione ancora molto dibattuta. Tra gli autografi spiccano per bellezza il Sacrificio di Isacco degli Uffizi ed il Narciso da Palazzo Barberini, anch’esso già esposto nell ”Anima e il volto”. Quest’ultimo dipinto è collocato a fianco del Suonatore di Liuto di Savoldo, così come l’Autoritratto in veste di Bacco si trova vicino al Cristo Portacroce di Andrea Solario. Un ultimo confronto per verificare l’evoluzione e l’esito che il Cinquecento lombardo ebbe in Caravaggio.
Micol Fontana
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DA NON PERDERE!!!!!!!!!!!
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Eugenio.
Una mostra da vedere anche per i non esperti - alla fine si sente il bisogno di tornare.
Ho torvato questa mostra veramente interessante! Inoltre i dipinti erano fantastici!
La mostra è ben disposta, l'itinerario è cronologicamente ed artisticamente ben organizzato , molto interessante ed accattivante. La guida molto preparata e cominicativa. E' un'occasione da non perdere!!!!!!!!!!!
Ho letto la corposa recensione circa la mostra. Mi sono convinto e' ho visto una bellissima "Vergine tra le rocce", Foppa, Lotto, un Romanino davvero bello ed infine ho conosciuto i leonardeschi Melzi e Luini.
Ho imparato molto
Gabrie scusa ma un curatore come può essere umile? e figurati un curatore+critico d'arte...
Indubbiamente i capolavori abbondano, ma si
esce un po'frastornati; dubito che i non addetti ai lavori non facciano un po' di confusione. E poi, perché voler trovare a tutti i costi degli inediti di Leonardo e Caravaggio solo come richiamo? Siamo seri: le versioni del "Suonatore di liuto" e dell'"Amorino dormiente" - per fare solo un esempio - sono chiarissimamente delle copie, per chiunque abbia visto gli originali del Merisi!! Addirittura irritante, poi, il narcisismo del curatore nell'ultimo numero del "Giornale dell'Arte": miglior mostra dell'anno, la mia; miglior catalogo, il mio.
Un po'di umiltà per favore. Criticamente e didatticamente un'occasione mancata, anche se molte opere, spesso poco conosciute, sono naturalmente bellissime (penso specialmente ai quadri esposti di Savoldo, Lotto, e dei leonardeschi). Il vostro articolo è comunque fatto molto bene. Ditemi cosa pensate delle mie critiche
la mostra è stata molto interessante e la guida era veramente preparata, ma i milanesi...veramente odiosi!!!
Nel senso che i commessi del Palazzo Reale sono stati ignoranti???
PENSO CHE SIA UNA MOSTRA INTERESSANTE SOTTO ALCUNI ASPETTI MA NOIOSA SOTTO ALTRI!! METTETE PIU SEDIE PER LE SALE!!!!!