A parlare di un suo lavoro quasi non si riesce. Le parole stentano a sporgersi, rimangono dentro e allora le si lascia sulla soglia e si entra in una dimensione d’ascolto, simile a quella in cui ci si immerge quando veniamo trasportati dalle immagini fluttuanti e sfuggenti di una poesia. Così è guardando per esempio un suo lavoro del ‘79, Senza titolo, i cui materiali soli, sembrano già intrecciarsi in un gioco magico e alchemico: piombo, ferro, uovo, candela. Paiono gli ingredienti di una formula ultimativa, vincente, di cui non conosciamo la reale portata ma della cui combinazione subiamo, incantati, gli effetti. Vengono alle labbra allora versi di Caproni: «Il gelo /della candela, certo/non bastava a chiarire/la situazione».
Ci si ritrova l’uovo della Pala di Brera di Piero della Francesca (la disposizione è la medesima, l’uovo pende dall’alto) scaldato dal calore di una candela. E, nonostante l’uovo non sia quello di struzzo, sembra che la credenza medioevale secondo la quale queste uova, in quanto non covate ma dischiuse dal calore del sole, (nel nostro caso la candela) venissero prese a simbolo dell’immacolata concezione della vergine, assurgano ora a simbolo di una nuova, contemporanea rinascita. Una lastra di piombo, come quinta “povera” e stinta, chiude la scena. Perché di una messinscena si tratta «più nella declinazione barocca che non (in) quella romantica, come teatralità, sperimentazione, meraviglia» come scrive Paolo Repetto nel testo in catalogo. E questo è solo uno dei tanti lavori in mostra, ognuno dei quali ci conduce quasi in fasce climatiche diverse, in temperature spirituali che sfumano dalla pura poesia, dal candore immateriale di Mothia – dove i Sali che costituiscono l’opera «accolgono i movimenti fluttuanti e discontinui di un panneggio dai tratti ora leggerissimi, come sospesi sulla bidimensionalità del fondo, ora attraversati da segni più mossi e marcati, nello scorrere di una partita potenzialmente infinita» (F. Mazzoleni, Un canto in sospeso, testo in catalogo) – al più umano sentire del recente lavoro della serie “piombi-specchi” che si tinge di note più affabulatorie, ricalcando tracce di umana memoria nella spazzola, nel delicato trifoglio e negli occhiali che Calzolari imprigiona mentre sembrano depositarsi lentamente su un fondo che per antitesi è tutto tranne che specchiante. C’è anche il posto, in questa mostra, per orizzonti più artici, come nell’impalpabile installazione senza titolo del 2010, dove una “struttura ghiacciante” dà vita a una luna che in perpetua ibernazione resta sullo sfondo di un altare predisposto per quello che sembra “un rito d’arte”, quasi l’opera ricostruisse un sacrario della mente, aperto su un orizzonte di meditazione.
Francesca Coppola
Mostra visitata il 18 aprile 2013
Dal 19 aprile al 25 maggio 2013
Pier Paolo Calzolari, Sur l’aile du tourbillon intelligent
Repetto Art Project
Via Senato 24 – (20121) Milano
Orari: da martedi a sabato dalle ore 11 alle ore 19
Info: 02 36590463, info@repettoprojects.com