Per orientarsi in questo nuovo appuntamento cui ci sta abituando Brera con una serie di piacevoli scoperte e letture, occorre circoscrivere la sua zona di indagine nel tempo e nello spazio.
Il tempo è quello del rinascimento, categoria che, se per i più coincide con la Firenze del ‘400, si è andata invece sempre più differenziando: c’è stato l’anti-rinascimento di Cesare Battisti, definizione adatta inglobare una serie di manifestazioni “non ortodosse”, lo pseudo-rinascimento di Federico Zeri e i “rinascimenti” regionali che, da Longhi in poi, hanno sfaccettato il cristallino spazio prospettico con eccezioni e contaminazioni di ogni genere.
Nella Pinacoteca di Brera sono raccolte cospicue testimonianze di queste manifestazioni più “periferiche” come le eccellenti tavole di Carlo Crivelli eseguite dopo il suo trasferimento da Venezia nelle Marche o quelle di Gerolamo di Giovanni e Giovanni Angelo d’Antonio, ed è proprio sul territorio marchigiano che si sono concentrati in questi anni gli ultimi studi in occasione della grande mostra Il Quattrocento a Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca. Questo evento, che ha da pochi giorni chiuso i battenti con grande successo di critica e di pubblico, ha però una sua “coda” milanese con l’opera che significativamente ha visto la collaborazione di tre istituzioni: si tratta dell’Adorazione dei Magi di Giovanni Boccati conservata al Sinebrychoff Art Museum di Helsinki che proprio a Brera ha trovato chi potesse restaurarlo con quella competenza che è vanto della scuola italiana e merito di un équipe di esperti che, sotto la guida di Matteo Ceriana, della Sovrintendenza, ha saputo liberare la tavola dalle pesanti ridipinture e riportarla allo splendore della cromia originaria. In catalogo un saggio di Patrizia
Le altre due tavole raffigurano due crocifissioni: in quella databile al 1445-46, proveniente dalla Galleria Nazionale di Urbino, un’affollata composizione è occasione per una sfarzosa definizione dei costumi, ancora nell’orbita di quel gusto proprio del gotico cortese che già aveva improntato l’Adorazione, mentre nella tavola di collezione privata (1468-73) la scena è sottomessa a un rigore drammatico e scultoreo, ricordo del viaggio che il Boccati fece a Padova sotto il segno di Donatello.
Un’occasione quindi unica per vedere ricomposto il grande scenario di una delle più importanti fra le scuole pittoriche marchigiane tesa a ricomporre con un in linguaggio suo proprio le novità provenienti da scuole e maestri delle regioni più vicine.
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