Foto in bianco e nero di paesaggi irlandesi e inglesi, nature morte, fiori controluce, scatti da siti archeologici, scene fluviali. Sono queste le opere che compongono l’esposizione milanese di Paul Caponigro (Boston, 1932), artista dimenticato per trent’anni e che l’impegno del curatore Filippo Maggia sta riportando alla ribalta italiana con tre grandi mostre personali in meno di un anno e mezzo. Dopo la Galleria Civica di Modena e la FIF di Torino, è il turno di una giovane galleria Milanese, la Nepente Art Gallery.
Nell’esposizione le foto sono disposte secondo una linea unica e continua che percorre tutte le pareti fino a richiudersi su se stessa. Questo cerchio di opere, formato da una trentina di fotografie, vuole essere un riassunto dell’attività artistica di Caponigro dagli inizi fino ad oggi e mostrano quello che è sempre stato l’obiettivo dichiarato del fotografo americano: “…Esprimere e rendere visibili le forze che operano nella natura e attraverso di essa”. Sotto quest’ottica possiamo leggere la serie dedicata ai girasoli, Sunflowers, come una metafora dell’energia vitale infusa dalla luce; i Megaliths e gli Stone circles come proclamazioni della sacralità della natura; e il filone creato intorno ai flutti che si schiantano contro le rocce come una manifestazione di potenza.
Riguardo alla tecnica è evidente che Caponigro non ha introdotto nulla di nuovo rispetto al suo maestro Minor White (1908-1976) e agli amici Ansel Adams (1902 – 1984) e Brett Weston (1911 – 1993), figlio del più celebre Edward. Anzi, ha imparato da loro a identificare dietro ad ognuna delle sue immagini una intuzione e una scoperta. In più i suoi sono scatti al contempo meditati, rapidi e sicuri, ed è forse proprio questa sicurezza a distinguerlo da White, che vedeva la fotografia come adatta più a descrivere l’interiorità del fotografo che la realtà del mondo.
Uno scatto rapido e senza esitazioni è sicuramente Running White Deer, forse da identificare come la sua immagine-eredità. E’ realizzata in Irlanda nel 1967 e immortala un gruppo di cervi che corre davanti all’inizio di un fitto bosco. Il contrasto tra il colore bianco candido degli animali e tra le tonalità grigie scure degli alberi, fa sembrare i cervi quasi dei fantasmi che scorrono sulla scena. Con contorni poco definiti e senza consistenza.
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carolina lio
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