Paesaggio,
natura morta e ritratto. Tre generi pittorici ben precisi e definiti, a partire
dai quali
Alessandro Raho (Nassau, 1971; vive a Londra) dispiega tutta la sua abilità pittorica. Filo
conduttore delle opere esposte è il luogo natio dell’artista, le isole Bahamas,
con i loro scenari incantati in grado di evocare l’idea di un vero e proprio
paradiso terrestre. Ne scaturiscono visioni indubbiamente accattivanti,
languide e sensuali. La luce caraibica si rivela in tutta la sua intensità, le
forme e gli elementi dipinti ne sono completamente immersi. Ci si trova di
fronte a opere realizzate con grande perizia tecnica e precisa e puntuale
attenzione al dato cromatico e ai rapporti luminosi.
Qualche
perplessità sorge in merito ai soggetti che Raho sceglie di ritrarre. L’artista
concentra la sua attenzione su ville, piscine, hotel, verande in fiore,
spiagge, donne dagli abiti firmati.
Non si vuole certo, in questa sede, scadere
in un facile e pretestuoso moralismo, tuttavia l’orizzonte di riferimento che
traspare dalla scelta dei soggetti ritratti appare un po’ limitato e
superficiale. Non si ha certo a che vedere con quelle “
immagini visionarie” frutto di un “
particolarissimo immaginario” di cui parla il comunicato stampa; in alcuni casi
non si oltrepassa la visione da cartolina e a un pittore dotato come Raho è
forse lecito chiedere qualcosa di più.
I
ritratti costituiscono l’aspetto più interessante della mostra. Qui l’artista
mette in campo una strategia rappresentativa che comprende sia riferimenti alla
storia dell’arte sia al rapporto che intercorre fra pittura e fotografia.
In
Catherine troviamo ritratta la
moglie di Raho mentre sale delle scale in un giardino e si volge verso lo
spettatore, instaurando con esso un dialogo diretto, memore della pittura
ottocentesca, in particolar modo di
Manet.
La
serie di ritratti intitolati
Simon manifesta l’influsso delle fotografie di alcune campagne di moda, che del resto
risulta essere un elemento centrale sia negli abiti griffati della moglie
dell’artista che nel logo Lacoste ben visibile sulla maglia di Simon, il
ragazzo ritratto. La mediazione della fotografia consente al pittore non tanto
una maggiore presa sulla realtà, quanto di sintonizzare la propria opera sui
metodi di costruzione dell’immagine e sull’estetica elaborata e veicolata in questi
anni dai mezzi di comunicazione di massa, raggiungendo esiti di una certa
efficacia e rendendo i propri ritratti una piena espressione della
contemporaneità.
Luci
e ombre dunque in questa mostra di Alessandro Raho, che in alcuni casi riesce a
raggiungere un buon equilibrio tra immediato coinvolgimento sensoriale e
meditata costruzione dell’immagine, e in altri non si attesta oltre una
generica piacevolezza visiva.