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lavori ci si scopre, spesso, a cercarne un centro, guardando attraverso.
Pensando a come varcare le sue
opere, viene spontaneo mettere a fuoco porzioni di spazio aperto, rette investite da diverse forme
prospettiche, che registrano superfici magnetiche e sospensioni trascendenti.
L’effetto visivo dei suoi progetti si lega inevitabilmente a un reclutamento
percettivo e all’impossibilità di ancorarsi a chiari punti architettonici dal
definitivo riferimento formale.
Il profilo
stilistico del linguaggio da lei adottato non appare mai volutamente continuo e
compatto, ma semmai si rivela lentamente calibrandosi, dapprima piegato e poi
trasformato sotto il calco di pesi leggeri. Grazie a questo dialogo
privilegiato con la materia, la sua sintassi compositiva diventa, di volta in
volta, maggiormente variegata, frastagliata, increspata e infine attraversata
da precisi fasci di linee. Reti e segmenti che non danno mai luogo a strutture
monolitiche e infrangibili, ma che al contrario manifestano un ordito complesso
e irregolare all’interno del quale slabbrature e bilanciamenti sembrano
indicare, come soluzione ottica, molteplici punti di fuga complanari. A
completamento di questo profilo: la strutturazione di un ordine, la selezione
di materiali sottili e
una forte geometrizzazione
dello spazio danno vita anche all’ultima personale milanese di Alice
Cattaneo (Milano, 1976), esposizione da considerare come una nuova pietra
miliare del suo percorso artistico.
Le stanze della
galleria ospitano tre installazioni di medie dimensioni (evocatrici, seppur in
parte, dell’opera attualmente esposta all’Hangar Bicocca, nella rassegna Terre
Vulnerabili), tre piccole composizioni a parete e un video. Estensione e
dimensionalità vengono, come d’uso per l’artista, forgiate dal ferro, dal cartone
e dalle reti di plastica, designando lo spazio a rimanere area di prospezione.
Luogo di relazione e di confronto tra distanza e prossimità.
Traslazioni ed
equilibri acromi, dal rigore claustrale, ritagliano la dimensione che occupano,
sezionando l’aria attorno. Paratie istantanee, brevi pannelli bianchi, cornici
filiformi nere e reti verdi prendono il posto del vuoto, organo di fatto relegato a funzione
sussidiaria di supporto. Statici, centrati e ben delineati, questi lavori non
riflettono più, ma emettono ombre solide di più esili strutture, ricostruendo
un velato stato di equilibrio e una sua scampata
fallibilità. Anche il video, come i lavori attorno, mette in luce l’alternanza
favorevole tra ossatura e rivestimento, tra scarti ed elementi portanti, poli
che rendono la modalità del contrasto una direzione scultorea dinamica.
Nonostante,
infatti, l’artista scelga di minimizzare i componenti che danno consistenza e
forma alle proprie strutture rigide, è da ricordare che il suo lavoro nasce
come effetto di una sequenza di gesti. Solo attraverso la serie performativa di
tentativi ed errori, infatti, le sue installazioni giungono a completamento,
ignorando bordi, orli e cornici che possano, in qualche modo, inscriverne la
parola fine.
Alice
Cattaneo e le Terre vulnerabili
ginevra bria
mostra visitata il 13 gennaio
2011
dal 13 gennaio al 26 febbraio 2011
Alice Cattaneo
Galleria Suzy Shammah
Via San Fermo / via Moscova, 25 (zona Moscova) – 20121 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 12-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0229061697; fax +39 0289059835; info@suzyshammah.com; www.suzyshammah.com
[exibart]
Queste opere scarnificate e minimali ripercorrono sicuramente un clichè della migliore arte contemporanea; rispetto alle prime opere di Alice Cattaneo abbiamo anche perso la spontaneità dei materiali low-fi, trovati quasi casualmente. C’è una vanità, una leziosità, una volontà di ammiccare che contrasta con la “carne” tolta, con la scarnificazione. Il giovane artista deve subito cristallizzarsi in un clichè, ed è nella condizione di poter fare nuove proposte solo nello spazio commerciale. E quando poi viene invitato fuori (tipo nella mostra “la scultura italiana oggi”) ripropone le solite soluzioni per sostenere l’attività commerciale.
Le gallerie tendono oggi a trasformarsi in rivendite di modernariato: cosa le differenzia da una sede evoluta e più raffinata dell’Ikea? Lo chiedo a tutti. Questa cosa è stata dichiarata anche da Emilio Mazzoli in un recente Flash Art.
“Sul sito potete vedere meglio la mostra”:
http://www.suzyshammah.com/
La rappresentazione viene bombardata da mille proposte “”creative””, aprono sempre SPAZI, si parla di aprire e chiudere Musei (altri spazi), mentre i contenuti (la rappresentazione) non reggono più. I creativi intelligenti (se vogliamo gli artisti) sono complementari ad un ordine precostituito. Forse ci vorrebbero più “creativi cretini” (ma professionali). A questo proposito consiglio a tutti il film ” Oltre il Giardino” con Peter Sellers. Il protagonista potrebbe essere Luca Rossi.
Queste opere scarnificate e minimali ripercorrono sicuramente un clichè della migliore arte contemporanea; rispetto alle prime opere di Alice Cattaneo abbiamo anche perso la spontaneità dei materiali low-fi, trovati quasi casualmente. C’è una vanità, una leziosità, una volontà di ammiccare che contrasta con la “carne” tolta, con la scarnificazione. Il giovane artista deve subito cristallizzarsi in un clichè, ed è nella condizione di poter fare nuove proposte solo nello spazio commerciale. E quando poi viene invitato fuori (tipo nella mostra “la scultura italiana oggi”) ripropone le solite soluzioni per sostenere l’attività commerciale.
Le gallerie tendono oggi a trasformarsi in rivendite di modernariato: cosa le differenzia da una sede evoluta e più raffinata dell’Ikea? Lo chiedo a tutti. Questa cosa è stata dichiarata anche da Emilio Mazzoli in un recente Flash Art.
“Sul sito potete vedere meglio la mostra”:
http://www.suzyshammah.com/
La rappresentazione viene bombardata da mille proposte “”creative””, aprono sempre SPAZI, si parla di aprire e chiudere Musei (altri spazi), mentre i contenuti (la rappresentazione) non reggono più. I creativi intelligenti (se vogliamo gli artisti) sono complementari ad un ordine precostituito. Forse ci vorrebbero più “creativi cretini” (ma professionali). A questo proposito consiglio a tutti il film ” Oltre il Giardino” con Peter Sellers. Il protagonista potrebbe essere Luca Rossi.
la conferma. del nulla
lavoro vecchio e stitico…d’altra parte neanche la gallerista è un fiorellino…
Rossi, se tanto mi da tanto, vedrei meglio Viale del Tramonto con Gloria Swansson.
ciao.
Luca Rossi e’ palesemente il miglior artista italiano in questo momento. Si percepisce chiaramente la sproporzione tra indifferenza da parte del sistemino italiano e la novità assoluta della proposta(come succede solo per i grandi). La parte critica va a specificare meglio la parte artistica. Voglio vedere quanto ci metteranno i curatori nostrani ad accorgersene. All’estero sarebbe già stracool.
la novità assoluta della proposta? e quale sarebbe? sentiamo… sono proprio curioso
Dimenticavo di firmarmi, sono Luca Rossi. Ciao
Ma piantatela… tutti questi commenti pro luca rossi sono “DI” LUCA ROSSI: ovvero ENRICO MORSIANI.
Per la Carità di Dio… smettiamola con questa storiella… questo ragazzo è da compatire e NON da incoraggiare… la sua condizione maniacale è ovvia. Le sue manifestazioni “critiche” sono del tutto prive di fondamenti concreti- in pratica gli “dispiace” tutto, corrispondendo così alle emozioni di tutti coloro che si sentano esclusi dal sistema. Il suo unico scopo è entrarci in quel “sistema”, così come gli pare gli possa essere possibile, visto che come artista non ha mai avuto risposta- con opere esattamente identiche a quelle dei suoi coetanei che tanto condanna….
STOP con queste idiozie.
A uno spettatore che urla, ad urlare sono i tuoi quadri si, sappiamo bene chi sei, si i tuoi quadri urlano di dolore ogni volta che li sporchi con le tue mani. Ah si anche noi poveri esclusi bramiamo al sistema si, non quello che continui ad osannare tu però, questo non è il mio sistema!!
Morsiani o Rossi, chi se ne frega, emerge un dato di fatto. Penso anche alla memoria storica di breve durata.
Molti giovani o pseudogiovani non hanno la minima idea di quello che stanno facendo in rispetto a quello già fatto. O per lo meno hanno le fette di salame sugli occhi. Non sono per la novità a tutti i costi. Un esempio: ho visto la mostra e questi lavori, sono d’accordo quando si dice che hanno perso forza e che sono diventati leccati e iperprofessionali, mi hanno ricordano tantissimo quelli che Fabrizio Sibona esponeva giusto nella milanese galleria Belvedere, all’inizio degli anni ’90. Giusto un piccolo scarto di differenza sul materiale e il disequilibrio delle strutture, ma basta? andate a vedere, una fotocopia poetica strabiliante. Sempre in quella galleria sono passati bravi artisti che poi si sono purtroppo dimenticati alla svelta, per altri campioni, che a loro volta spariranno alla svelta. Ma dove sono i capolavori oggi?
Signori, Luca Rossi è sicuramente di Roma, lo dicono alcune traccie lasciate. Io penso sia Pietroiusti in collaborazione con Norese o qualcuno di area bolognese. Morsiani, da me stesso interrogato smentisce, rifiutandosi di rispondere ad uno stupido ed inutile processo. Io sono d’accordo con Fabio Cavallucci. Il linguaggio proposto da Rossi (anche per via dell’uso inedito di uno strumento come il blog) rivitalizza e bypassa un sistema dell’arte ormai stantio che sta in piedi solo per gli interessi di alcuni operatori (galleristi che non possono dire : “vi abbiamo preso in giro”, e curatori-critici che devono stare sulla giostra).
I progetti sono assolutamente interessanti e fortemente in linea con il presente. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…
Io seguo il blog di Luca Rossi dal suo inizio due anni fà. E penso che a Luca Rossi, o chi per lui, non interessi nulla del sistemino inutile dell’arte italiana. Perchè è un sistema illusorio e delusorio. Lo dimostra la realtà e la lettura del blog. Al contrario Luca Rossi ha sollevato alcune questioni centrali: un certo feticismo-ossessivo di alcuni artisti italiani ( Luca Trevisani, Riccardo Previdi..), lo smart relativism (recentemente al Furla con Matteo Rubbi) e infine l’ikea evoluta (questa mostra quì sopra ma mille altre cose dove si caricano di citazioni astruse oggetti che potremo trovare all’ikea). Il problema è che c’è un collezionismo rimbecillito che si è fidato per anni della faccia rassicurante dei vari Massimo Minini. E ora Minini si lamenta su Flash Art dei Musei italiani, quando lui stesso ha contribuito a fondare un sistema attento solo all’aplomb e al contenitore. E i contenitori senza contenuti, in tempi di crisi, cadono giù……
In italia il pubblico dell’arte contemporanea è fatto in grandissima parte da addetti ai lavori e artisti. E’ come se in una democrazia il popolo fosse formato dagli stessi parlamentari. Pensaci. Ogni nuova proposta, da parte di un cittadino-parlamentare, viene vista in termini competitivi e concorrenziali e quindi osteggiata. Il controllo e l’interesse sul parlamento è attuato solo da altri membri del parlamento: sintomatico che per l’assegnazione degli studi della Bevilacqua La Masa abbiano protestato solo gli artisti scartati. Nel momento in cui un Luca Rossi qualsiasi propone un “programma” diverso e apparentemente critico verso la parte dominante del parlamento (il Partito Sistema ) abbiamo una parte del parlamento che sostiene Rossi (quella avversa al Partito Sistema). Quando Rossi viene riconosciuto parzialmente (Cavallucci) la parte del parlamento che lo sosteneva (il Partito Outsider) lo vede adesso come un concorrente, un competitor, mentre la parte che veniva criticata (il Partito Sistema) continua a osteggiarlo. Risultato: tutti lo osteggiano.
E la cosa è assolutamente positiva perchè lavora a favore dell’autenticità: rimangono al confronto solo le persone che pensano i contenuti al di fuori di strategie.
La cosa è negativa perchè incentiva la mediocrità: bisogna “fare” senza esagerare, senza mettere troppo in discussione il livello del resto del parlamento.
La presenza di un’opinione pubblica alfabetizzata, interessata ed appassionata porterebbe maggiore meritocrazia e più denaro. Quì non si tratta di capire le mostre di arti visive, ma di formare un coscienza e una sensibilità che poi si riflettono nell’architettura, nella politica, nel quotidiano, nella cultura e nella società.
Luca Rossi e’ un progetto di alcuni studenti dello IUAV di Venezia (classe di Stefano Arienti). E Morsiani sta preparando con loro uno dei tanti dialoghi che vengono presentati sul blog (Lissoni,Vettese, Di Pitrantonio, ecc).
Quando di una mostra leggo cose del tipo ” … esposizione da considerare come una nuova pietra miliare del suo percorso artistico …”, sorrido un pò e poi comincio a credere di non capirci più niente di questa cosa chiamata “arte contemporanea”. Eppure la pratico, la produco, mi incazzo o ne godo da tanti anni, credo molti di più dell’autrice della recensione. Poi leggo quello che scrive Luca Rossi, e trovo un pò di coincidenza con il mio pensiero che, si badi, non ha nulla contro ne l’artista recensita ne la galleria che fanno il loro lavoro in maniera corretta. Anche io semplicemente, vedendo la mostra, ho pensato che i suoi lavori di appena poco tempo fa erano migliori, più originali, sentiti, urgenti: punto! Insomma, una “pietra miliare” figurativamente segna un passo in avanti non uno stallo, certamente non un passo indietro … e della sua opera all’Hangar non ne ho neanche ricordo.
Tutta l’acredine che si “sversa” su Luca Rossi (chiunque esso sia, spero un nome collettivo) la trovo ingiustificata. Questa firma scrive cose forse non condivise da tutti ma di analisi e rispettose, con un punto di vista preciso. Sarebbe, questa si, una “pietra miliare” se si rimanesse, pur nell’anonimato che anche io scelgo, aderenti ad una dialettica di contenuti non aggressivi, focalizzandosi sui fatti: mostra, recensione, commenti. Molto interessante potrebbe essere avere una replica di chi firma le recensioni
Per farsi due risate e stemperare la tensione, invito a seguire i buffi video Art Thoughtz di Hennesy Youngman, solo ai buffoni è permesso dileggiare il Re, iniziando con http://www.youtube.com/watch?v=PUoUszh98P4
Direi che ci siamo quasi, il lavoro di consapevolezza critica di morsiani ha ormai raggiunto il bersaglio. E’ormai chiaro che (come in politica) un gruppo di operatori è in crisi e sente il bisogno di tutelare il proprio status, tutti almeno una volta ne hanno parlato o sentito parlare quindi è oramai evidente una crisi profonda del sistema (start per primo). Forse è davvero il momento che gli artisti ritornino a riunirsi in gruppi (non manifesto). L’individualismo artistico (come nel mondo del lavoro) ha generato rotture divisioni e conseguente indebolimento del “potere contrattuale” e relativo “prodotto finale” (scusate le brutte analogie ma servivano per farsi capire).
Morsiani potrebbe sviluppare un azione continuativa ( tipo pizze ad oltranza), sono sicuro che ora in molti parteciperebbero al programma uniti.