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fino al 26.III.2005 | Schifano 1960-1964 | Milano, Fondazione Marconi

di - 23 Marzo 2005

Le mostre dedicate a Mario Schifano (Homs, Libia, 1934 – Roma 1998), specie negli ultimi anni, non sono state lesinate. Dagli spazi privati a quelli pubblici. Perché dunque un’altra mostra per Schifano? In primo luogo, quest’antologica ha dimensioni museali, con oltre cento opere. Inoltre, nella manciata d’anni considerati, grazie alla sua irrequietezza e curiosità, Schifano attraversa fasi dello sguardo nelle quali altri artisti si sono “impantanati” per una vita. Di più: la mostra è una tappa nel percorso tripartito ideato da Giorgio Marconi, che nei prossimi anni allestirà altre due personali dedicate agli anni 1964-66 e 1967-70. Fatto non meno importante, il curatore e patron della Fondazione ha avuto un rapporto strettissimo con l’artista sin dal 1963, poi con la partecipazione di Schifano alla mostra inaugurale dello Studio Marconi nel 1965 e una personale nel dicembre dello stesso anno.
Il percorso conduce dunque dal monocromo, apogeo delle avanguardie e dell’informale, sino al confronto con quegli elementi esterni che ha condotto qualcuno a volerlo incasellare nel Pop all’italiana. Un’etichetta che non si addice affatto all’artista, in primis per la sua stessa indole, che certo non permetteva una così agile classificazione critico-storica. Infatti vanno considerati almeno due elementi: che una fase tanto sconvolgente come quella del monocromo -si pensi all’esito al quale giunse drammaticamente Rothko– dura appena qualche mese, mentre d’altra parte i nuovi media coi quali si confronta Schifano, dalla TV alle indicazioni stradali, sono recepite con un criticismo tale che lo distanzia di molto dai suoi anacronistici “padri” statunitensi.
Si comincia dal 1960 coi monocromi privi di campiture omogenee, “disturbati” in maniera dadaista da numeri dipinti al centro dello spazio pittorico (Solo verde), da ironiche indicazioni paratestuali (Senza titolo, smalto su carta), da supporti resi svasati (Aut Aut) e pass-partout bianchi sui quali sgocciola il colore (Senza titolo). Lo sbarco a New da Ileana Sonnabend incrina immediatamente questa procedura, intervengono forme rettangolari smussate sul povero supporto (Cleopatra’s Dream, 1960; la “serie” Tempo moderno, 1962), le prime timide suggestioni della strada (Indicazione, 1961). Se permane l’interesse per il monocromo sui generis (Botticelli, 1962), ormai la direzione è quella di “asintattiche visioni, solo apparentemente realistiche” (Dorfles): nel 1962, con Strada e Indicazione grande n. 1 compaiono le lettere normografate, in Particolare di esterno nascono i loghi ricalcati, e nel 1963 lo sberleffo di En plein air, dove al cavalletto si sostituisce l’episcopio che proietta immagini già mediate dai rotocalchi. Infine, in questa carrellatta che mozza letteralmente il fiato solo a guardare le date, Incidente (1964) assimila Warhol e Balla, per chiudere con uno ieratico autoritratto leonardesco (Leonardo, 1963).
Un cenno infine al catalogo, che raccoglie molti contributi dell’epoca, dal compianto Emilio Villa a Nanni Balestrini, da Goffredo Parise alle dichiarazioni dello stesso Schifano.

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Fondazione Mario Schifano

marco enrico giacomelli
mostra visitata il 23 febbraio 2005


Schifano 1960-1964. Dal monocromo alla strada
A cura di Giorgio Marconi
Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea
Via Tadino, 15 – 20124 Milano
Orario: da martedì a sabato dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 19
Ingresso libero
Info: tel. 02-29419232; fax 02-29417278; info@fondazionemarconi.org; www.fondazionemarconi.org
Catalogo Skira, € 34 in mostra, € 49 in libreria, ncon antologia critica dell’epoca


[exibart]

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