La loro mostra si sviluppa attorno a un raffinato botta-e-risposta
instaurato a quattro mani, dal titolo Working
Title. Nella cultura anglosassone si affida un working title (ovvero titolo di produzione) come nome temporaneo di
un prodotto o di un progetto (un film, un romanzo, un videogame o un album
musicale) usato durante il suo processo di sviluppo. Solitamente si appone un working title per due motivi: il primo è
perché non è stato ancora deciso un titolo ufficiale e dunque un titolo di
produzione diventa necessario come riempitivo nella lista dei nomi proposti. E
il secondo motivo è per mascherare intenzionalmente l’avvio e il contenuto di
un nuovo progetto, da mantenere, al meno ai suoi inizi, segreto.
Nel caso di Büchler e Spiliopoulou, e delle
installazioni allestite in galleria, working
title fa riferimento a una simmetria formale, un working-method-as-a-concept che sembra propagarsi anche oltre
l’allestimento, quasi senza trovare fine.
A sinistra della porta d’ingresso, Büchler pone
nove vecchi proiettori accesi contemporaneamente, di modo che i loro obiettivi
ingaggino il volume di otto palloni di plastica, proiettando sul muro Eclipse. I cerchi di luce, concavi e
convessi, circoscrivono sulla parete la mappa sistemica di pianeti immaginari.
Tra masse inconsistenti e recuperi di meccanismi dalla tecnologia obsoleta, il
soggetto sembra essere il timbro della luce, circoscritta, polverosa e di
tonalità differenti a seconda del proiettore dal quale viene emessa.
Sulla parete frontale, rispetto all’entrata,
Spiliopoulou adagia 33 fogli A4 (Office drawings).
Ciascun rettangolo di cellulosa bianco è segnato dalle funzioni geometriche di
Microsoft Word. Linee e proiezioni, luci e ombre, sagome e forme piene alludono
a una riproducibilità che cerca di evadere rispetto ai mezzi compositivi e
all’immagine da rappresentare.
Mentre sul soppalco in rete metallica tre
teleschermi CRT proiettano Untitled (2011), oltre il desk sono stati installati altri due lavori. La
giovane artista greca gioca con la parola ‘assenza’ estratta da un foglio di
Letraset e poi incorniciata a parete. Poco vicino, su un piedistallo, invece, è
possibile mettere mano a una vecchia Lettera 32, alla quale Büchler ha
tolto i tasti eccetto le lettere che compongono la parola ‘silence’.
Seppur in parte riconducibili, questi lavori, a progetti
(o processi) già noti, questa doppia personale mantiene l’eleganza della
complicità, ricreando negli spazi di Peep-Hole zone di interesse condivise ed
emerse da una serie di conversazioni preliminari che costituiscono la parte
sostanziale del processo creativo di Working
Title.
ginevra bria
mostra visitata il 10 febbraio
2011
dal 10 febbraio al 26 marzo 2011
Pavel Büchler &
Evangelia Spiliopoulou – Working Title
Peep-Hole
Via Panfilo Castaldi, 33 (zona Porta Venezia) – 20124 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: mob. +39 3385694112; info@peep-hole.org; www.peep-hole.org
[exibart]
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Manca il lavoro di Anselmo dove con la presenza della mano è possibile vedere la proiezione della parola VISIBILE da un proiettore:
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Ho la sensazione che ci si dimeni, più o meno efficacemente, all'interno di un linguaggio ormai spremuto fino all'osso. Da una parte vige ancora uno scollamento tra società e certi linguaggi e dall'altra parte esiste un sistema autoreferenziale in cui decine e decine di persone (possibilmente straniere) declinano in 1000 modi i medesimi codici. Possibilmente attraverso cortocircuiti interessanti ma strapercorsi (la macchina da scrivere con i soli tasti di SILENCE) e semmai attraverso il recupero del vintage (proiettori DDR, LAIKA, CAVALLI, ecc).