Seconda mostra alla Fondazione Halevim, che riadatta i propri spazi per le videoinstallazioni delle gemelle Jane & Louise Wilson (Newcastle, Uk, 1967). Le artiste indagano con il video i rapporti sociali tra istituzioni, potere, architettura e persone che subiscono con maggiore o minore adesione queste (sovra-)strutture.
Il primo lavoro è la videoinstallazione a tutta parete Dreamtime (2001), che raffigura un lancio spaziale avvenuto in Kazakistan in tempi recenti, ma che, data la connotazione estetica costruita dalle Wilson, sembra provenire dagli archivi della propaganda Sovietica, come sarebbe se l’URSS esistesse ancora.
La documentazione del lancio spaziale è però antiretorica; la presenza umana è quasi assente, tranne che per un gruppo di autorità che compiono le dichiarazioni di rito davanti alla stampa, evidenziando l’insensatezza della burocrazia. La maggior parte del video riprende gli spazi del lancio e della preparazione degli astronauti. Il sonoro, la divisione in quattro parti dello schermo e il ralenti danno una grande qualità formale al video, dall’estetica quasi cinematografica, come a costituire un esempio di un cinema indipendente ideale.
Monument (Apollo Pavillion, Peterlee), la nuova opera del 2003, viene proposta su due coppie di schermi dalle dimensioni piuttosto ridotte, poste una di fronte all’altra. Lo spettatore deve scegliere quale coppia di schermi guardare, anche se i quattro monitor trasmettono solo occasionalmente la stessa immagine.
Le riprese mostrano un gruppo di ragazzini che corrono, giocano e si arrampicano sulla struttura di un “mostro architettonico” di una città inglese. I movimenti dei ragazzini simboleggiano il rapporto tra architettura, imposta dall’alto, e abitanti delle città, in un equilibrio instabile più da un punto di vista sociale che “esistenziale”; inoltre sono chiamate in causa in maniera problematica anche le relazioni tra gli abitanti, infatti i bambini, che stanno condividendo un’esperienza di gioco piuttosto rischiosa, non interagiscono fra di loro, sembrano indifferenti gli uni agli altri. Solo l’inizio e la fine del video ci lasciano intravvedere oltre la struttura di cemento, che diventa claustrofobica anche per chi guarda il video, dapprima con uno scorcio di paesaggio verde e poi con un elemento ancestralmente simbolico come l’acqua.
Completano la mostra fotografie scattate sul set del video sul lancio spaziale e altre foto di interni alienanti ma davvero pieni di fascino.
La qualità formale e di contenuto dei video delle gemelle Wilson si conferma alta, e di grande interesse è anche l’indagine che esse compiono sulle modalità di esposizione del video, indagine storicamente appartenente alla videoarte ed al cinema sperimentale ma oggi un po’ accantonata, soprattutto nella videoarte italiana.
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