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10
giugno 2010
fino al 26.VI.2010 Josh Smith / Elad Lassry Milano, Massimo De Carlo
milano
Fotografia e video per l’uno, pittura per l’altro. Costruzione e distorsione dell’immagine fotografica, pittura come espansione del pensiero dell’artista. In coppia da De Carlo...
“Sono
affascinato dal collasso delle storie e dalla confusione che risulta quando c’è
qualcosa di leggermente scorretto in una fotografia”, ha affermato Elad Lassry (Tel Aviv, 1977; vive a Los Angeles) sulla celebre
rivista americana Interview. Il
collasso prodotto dall’artista che si muove in una direzione essenzialmente
antinarrativa, dando vita a una serie di opere frutto di sofisticate operazioni
di decontestualizzazione degli elementi e di rielaborazione dell’immagine.
L’attenzione di Lassry si rivolge alle caratteristiche estetiche della
fotografia: luci, ombre e colori vengono studiati con cura meticolosa, tesa a
esaltarne i rapporti reciproci in nome della massima resa possibile delle loro
qualità visive.
Tuttavia
non ci troviamo di fronte solo a una semplice attenzione alla resa fotografica
degli elementi, ma anche a un’azione nella quale viene ribadita l’assoluta
centralità dell’artificio capace di creare quel “leggermente scorretto” che
tanto affascina l’artista.
Alcuni
elementi sono tratti da un archivio di immagini appartenenti sopratutto alla
rivista Life, collocati
all’interno di nuovi sfondi o sottoposti a modifiche; altri invece subiscono un
processo di decontestualizzazione molto più intenso, partecipando alla
creazione di una sorta di tessuto di cromie e forme che perdono la loro
dimensione naturalistica, ma divengono parti astratte, lemmi di un nuovo
vocabolario dell’astrazione formale e cromatica.
Un
approccio del tutto simile lo ritroviamo anche nel video Untitled
(Passacaglia), ispirato a una nota
coreografia del 1938: l’audio è assente, non hanno grande importanza i
possibili significati di cui è portatore il balletto, ma l’attenzione si
concentra unicamente sulla percezione visiva dell’immagine in movimento.
L’enfasi
sulla visione e sulle peculiarità del mezzo rivestono una posizione importante
anche nel lavoro di Josh Smith
(Tennessee, 1976; vive a New York). Il pittore americano propone una piccola
antologia delle sue opere, frutto di oltre 10 anni di carriera.
Punto
d’avvio sono i name painting,
la serie di lavori con la quale Smith ha cominciato a guadagnare una certa
notorietà, in cui l’artista “dipinge” il suo nome con una pennellata fluida,
dalla linea morbida. I collage sono una combinazione di pittura, mappe e
fotografie, mentre nei palette painting il colore si disperde nello spazio della tela: è un esercizio di
pittura pura.
L’idea
è quella di una pratica pittorica libera, che si espande in quanto espressione
del pensiero dell’artista, che scorre liberamente e senza vincoli; ne sono
investiti anche gli sgabelli posti al centro della sala, che creano un ambiente
di una certa suggestione, e la libreria posta nell’altra sala.
Il
punto più debole sono forse i pailette painting sui quali, al di là della indubbia cura negli
accostamenti cromatici, aleggia una certa prevedibilità.
affascinato dal collasso delle storie e dalla confusione che risulta quando c’è
qualcosa di leggermente scorretto in una fotografia”, ha affermato Elad Lassry (Tel Aviv, 1977; vive a Los Angeles) sulla celebre
rivista americana Interview. Il
collasso prodotto dall’artista che si muove in una direzione essenzialmente
antinarrativa, dando vita a una serie di opere frutto di sofisticate operazioni
di decontestualizzazione degli elementi e di rielaborazione dell’immagine.
L’attenzione di Lassry si rivolge alle caratteristiche estetiche della
fotografia: luci, ombre e colori vengono studiati con cura meticolosa, tesa a
esaltarne i rapporti reciproci in nome della massima resa possibile delle loro
qualità visive.
Tuttavia
non ci troviamo di fronte solo a una semplice attenzione alla resa fotografica
degli elementi, ma anche a un’azione nella quale viene ribadita l’assoluta
centralità dell’artificio capace di creare quel “leggermente scorretto” che
tanto affascina l’artista.
Alcuni
elementi sono tratti da un archivio di immagini appartenenti sopratutto alla
rivista Life, collocati
all’interno di nuovi sfondi o sottoposti a modifiche; altri invece subiscono un
processo di decontestualizzazione molto più intenso, partecipando alla
creazione di una sorta di tessuto di cromie e forme che perdono la loro
dimensione naturalistica, ma divengono parti astratte, lemmi di un nuovo
vocabolario dell’astrazione formale e cromatica.
Un
approccio del tutto simile lo ritroviamo anche nel video Untitled
(Passacaglia), ispirato a una nota
coreografia del 1938: l’audio è assente, non hanno grande importanza i
possibili significati di cui è portatore il balletto, ma l’attenzione si
concentra unicamente sulla percezione visiva dell’immagine in movimento.
L’enfasi
sulla visione e sulle peculiarità del mezzo rivestono una posizione importante
anche nel lavoro di Josh Smith
(Tennessee, 1976; vive a New York). Il pittore americano propone una piccola
antologia delle sue opere, frutto di oltre 10 anni di carriera.
Punto
d’avvio sono i name painting,
la serie di lavori con la quale Smith ha cominciato a guadagnare una certa
notorietà, in cui l’artista “dipinge” il suo nome con una pennellata fluida,
dalla linea morbida. I collage sono una combinazione di pittura, mappe e
fotografie, mentre nei palette painting il colore si disperde nello spazio della tela: è un esercizio di
pittura pura.
L’idea
è quella di una pratica pittorica libera, che si espande in quanto espressione
del pensiero dell’artista, che scorre liberamente e senza vincoli; ne sono
investiti anche gli sgabelli posti al centro della sala, che creano un ambiente
di una certa suggestione, e la libreria posta nell’altra sala.
Il
punto più debole sono forse i pailette painting sui quali, al di là della indubbia cura negli
accostamenti cromatici, aleggia una certa prevedibilità.
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Elad
Lassry / Josh Smith
Galleria
Massimo De Carlo
Via Ventura, 5 (zona Ventura) – 20134
Milano
Orario: da martedì a sabato ore
11.30-14 e 14.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0270003987; fax +39 027492135;
info@massimodecarlo.it;
www.massimodecarlo.it
[exibart]
Se fino ad una decina d’anni fa da Massimo De Carlo si poteva vedere il meglio ed il nuovo, oggi organizza finte retrospettive di artisti che hanno già esposto ovunque e mostre di Sol Lewitt. Ormai a Milano la galleria più importante è quella di Lia Rumma e molte altre in Italia l’hanno superata in prestigio, vedi Massimo Minini, la Continua e la stessa galleria Zero.
Sono d’accordo con Marvin, De Carlo è sopravvalutato. Infatti se non ci fosse stato Cattelan (che non ha mica scoperto De Carlo) chi mai avrebbe considerato il gallerista milanese un top dealer ?
De Carlo è solo un bulletto provincia, i grandi galleristi quelli che hanno lasciato un segno come Castelli o Berggruen erano di un altro livello sia da un punto di vista umano che professionale.