Ne salta fuori un amplesso curioso, in cui forme di natura
differente si incrociano con armonia, portando “alla sua logica conclusione un’idea estrema
già esistente”. La plastica
di Giacometti viene riproposta in resina. La trattazione delle superfici, le
tinte brune, le forme emaciate fino al parossismo sono disegnate in maniera
fedele, con zelo da copista. Stupisce perciò vederle riproporzionate in
dimensioni monumentali, gli arti inferiori allungati, e “preparate” con le mise che Baldessarri pensa per i suoi
modelli.
Perché di sfilata si tratta, tanto che le figure “percorrono” con
la falcata che le contraddistingue la navata centrale dello spazio,
incasellandosi tra una colonna e l’altra, bipartendo gli interni della
fondazione e conquistandone il centro.
Una dama con un grande fiocco rosa apre il corteo. La seguono una
signora con doppio hula hoop, inscritta in un cerchio che fa pensare all’Uomo
Vitruviano di Leonardo, mentre
gli aereoplanini che ronzano intorno al terzo mannequin ricordano quelli che
infastidivano King Kong nella nota pellicola in bianco e nero diretta da Merian C. Cooper.
modella, che sfoggia accessori da viaggiatore, spunta il prototipo, il numero
zero, la mamma di tutte le altre nove.
È una riflessione, anche un po’ ironica, sulla plastica, alle cui
pratiche Baldessari è nuovo, ma certo non impreparato. Si emoziona nel dialogo
con lo spettatore, svela l’inganno ancor prima che decanti. Della moda, più che
il glamour, lo interessa l’aspetto fabbrile, quel batticuore per la materia che
la accomuna all’arte.
Gran finale, un Giacometti abbigliato da torero. Il manto di un
rosso sgargiante, il giacchetto nero frangiato e pallettato, il cappello
d’ordinanza chiudono la soirée con una creazione d’eccezione.
I quesiti che pone il progetto sono molteplici, così come le chiavi
di lettura. È un braccio di ferro tra due grandi dell’arte attuale? Nasce da
una necessità di confronto con una tradizione, seppur recente? Oppure si vuole
costruire un set su cui passare in rassegna riferimenti, passioni, icone?
Sembra più probabile che il punto centrale stia nel concetto di ‘variazione’,
che l’artista lancia fin dal titolo, sublimato inoltre dagli ulteriori cambiamenti
che apporta ai décor nelle giornate del 15 novembre e del 7 dicembre. Variazione, non a caso, significa
trasformazione, mutamento. Ha a che vedere con le fasi lunari. Si usa nella
musica quando si procurano delle modifiche all’armonia o al ritmo di un tema,
che tuttavia non muta nella sostanza.
Ecco dunque che l’essenza di Giacometti è intatta. La riflessione
che il collega americano propone è sullo scorrere del tempo, sul modo in cui le
cose si guardano attraverso il passare delle epoche, l’occhio delle
generazioni, l’identità culturale che le persone assumono. La moda, primo
saggio testimone di questi passaggi, può aiutarci nell’impresa. L’eternità
dell’opera d’arte – la sua immutabile solidità, la sua presenza, il suo spessore
– regna sovrana.
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Baldessari
a Bologna
Alla
Biennale del 2009
Baldessari
Leone d’Oro
santa nastro
mostra visitata il 9 novembre 2010
dal 28 ottobre al 26 dicembre 2010
John Baldessari – The Giacometti Variations
a cura di Germano Celant
Fondazione Prada
Via Fogazzaro, 36 (zona Porta Romana) – 20135 Milano
Orario: da martedì a domenica ore 11-20
Ingresso libero
Catalogo Progetto Arte Prada, a cura di Germano Celant
Info: tel. +39 0254670515; fax +39 0252670258; info@fondazioneprada.org; www.fondazioneprada.org
[exibart]
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una mostra inguardabile
se questa mostra è il risultato di tanti anni di lavoro "concettuale", che ha valso un leone d'oro alla carriera, non ci resta che piangere...
la nota positiva è l'ingresso gratuito...
sono lavori lontani dal suo operare....a volte anche i vecchi leoni deludono