Un fronte del porto a Milano la British Fashion ce l’ha sempre avuto.
In una traversa di corso Vittorio Emanuele generazioni di milanesi hanno comprato e comprano scarpe, gonne, pantaloni, giacche e accessori per sentirsi un po’ sudditi di sua maestà o per rivivere quel brivido dato da una canzone o da una vacanza.
Durante la settimana della moda, nella sua capitale, Milano, gli inglesi “occupano” il secondo piano della Triennale, per pochi giorni, ma abbastanza per far rivivere quell’esotismo d’oltremanica intramontabile.
Da cornici di poliuretano ci si affaccia su micro scenari che festeggiano e glorificano brand ormai nell’olimpo del classico, un lettering d’epoca strizza l’occhio a quella Londra che tutti, almeno una volta avremmo voluto vivere.
Moda, certamente, tanti gli stilisti, anche giovani; i cognomi di alcuni tradiscono la tradizione coloniale di un paese che ha saputo, da sempre, fare del cortocircuito un ventaglio di fantasie: da Misa Harada a Clements Ribeiro, da Julien Macdonald a Antoni&Alison.
A corredo il design, con pezzi fatti però a casa nostra e con aziende italiane, da parte di big del calibro di Morrison, Arad e Sowden.
Un corridoio è occupato dal mito Aquascutum, il famoso trench impermeabile reso celebre da Peter Sellers piuttosto che da Churchill.
Una stanza, a cura del Fashion and Textile Museum di Londra, ospita ventuno creazioni, il dna della moda inglese: Mary Quant, Zandra Rhodes, Vivienne Westwood, Paul Smith, Nicole Farhi, John Galliano, e le promesse british di casa Gucci Alexander McQueen, Stella McCartney.
La mostra, in sè, è una delicata operazione commerciale orchestrata dal consolato generale britannico a Milano, ma senza alcuna demifisticazione: del resto si sa, il design e la moda vivono della serialità, del grande numero, dell’industria. Poi ci sono anche i sogni, i colori e i codici identitari della Cool Britannia. Ed per questo la curatrice, Marina Iremonger, non dimentica di presentare giovani leve e di promuoverle, così ecco flier sparsi su lunghi tavoli bianchi, business card dei giovani designer dei gioielli del festival Brilliantly Birmingham dedicato alla gioielleria contemporanea.
L’occasione è la festa per il 300° del gemellaggio tra Milano e Birmingham ed è un modo per vedere i gioielli di altri giovani creativi inglesi come Anke Plath, Abigail Fleissig, Isabella Hart.
Lo mostra, espressa e concentrata, è una passeggiata gradevole sul viale delle vecchie glorie e sulla via del contemporaneo.
Allora, viene quasi naturale pensare che un’operazione del genere per l’Italian fashion al Victoria & Albert Museum o al Design Museum di Londra, nei giorni della settimana della moda inglese, sarebbe quanto meno auspicabile, una giusta contropartita, un gesto di fair play da Europa unita. Si vedrà, speriamo che si veda…
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