Se è vero che il tema dell’esposizione diffuso dal titolo-slogan allude alla folle traversata di grottesche figure, è altrettanto vero che tale viaggio non può che avere come unica, degna conclusione un affondamento. L’atmosfera confusa, il posizionamento caotico e straripante delle opere accennano a creare quello stato di disordine mentale che si vuole, per tradizione e diceria popolare, tipico dei “pazzi”.
Spiccano per l’impatto
Luigi Presicce e
Anna Galtarossa come l’argentino
Daniel Gonzalez. Il primo rivisita gli immaginari etnici e locali, commistionandoli e giustapponendoli (e mai termine fu più azzeccato) alle ritualità barbare e arcaiche, alla scoperta di una spiritualità che si manifesta libera da vincoli monoteistici o riferibili a una particolare religione. La seconda presenta una figura composta, una chimera antropomorfa nella quale si legano simboli satanici, oggetti quotidiani e tessuti variopinti assemblati senza un ordine apparente, che danno vita a un mostro carnascialesco. Il terzo, invece, tappezza lo spazio con drappi ricamati, simili a bandiere di novelli pirati, dai toni fluo, squillanti come fossero tessuti orientali pregiati, ricomposti con grande libertà, “vittime consapevoli” di un gusto kitsch che le riporta inevitabilmente verso i nostri tempi.
Diverso è il destino toccato ai lavori di
David Casini, che rischiano di rimanere sommersi. Il loro sapore è, infatti, più tenue e delicato, da scoprire, osservare da vicino. La piccola dimensione e l’irregolarità frastagliata dell’aspetto esteriore, del primo acchito, svela all’occhio più caparbio e indagatore un micromondo vivace e abitato.
Un’altra storia ancora per quanto concerne la sezione video, ed è molto controproducente, ad esempio, la scelta allestitiva dei montaggi pittorici di
Jacco Olivier che, relegati in pur eleganti monitor a terra, perdono in poesia e non inducono a una visione attenta e rilassata. Stesso discorso per
Sympathy di
Carlos Amorales, che fonda i suoi presupposti su un loop perpetrato e sui colori accesi della figura diabolica protagonista. E, ancora, non molto diversa è la sorte dei pezzi proposti da
Nico Vascellari, inghiottiti dalla burrasca, con una risultante perdita di attenzione per i particolari interessanti (i disegni per
Cukoo).
Lo spazio che accoglie la mostra è incline all’ambiente che si ricercava per il tema. Ma non basta a rendere l’effetto desiderato e, soprattutto, a unire in una sola categoria o, meglio, in unico insieme le opere degli artisti invitati. Certo con l’anelato panorama da disastroso naufragio, costruito all’interno di una struttura che non nasconde il suo passato -Porta Sant’Agostino, baluardo della Mura Venete a Bergamo, risalente al XVI secolo- stride l’ingresso costruito a mo’ di padiglione fieristico.
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anch'io penso che questa pratica curatoriale vada ben oltre i canoni a cui siamo abituati, molto più vicina allo stesso fare artistico... certo un'operazione su cui si può discutere, e ben più complessa che la solita personale di un artista già riconosciuto. il nostro paese ha bisogno di osare, e per questo sempre più di curatori pensanti e intellettuali, e non meri critici...
...Io mi sono precipitata a Bergamo a vedere la "stultifera" mostra e l'effetto desiderato mi pare prorpio che Bruciati e Tagliafierro l'abbiano ottenuto!!!..soprattutto nell'allestimento: spiazzante, eccezionale!!