Con l’intenzione di essere alternativa alla comunicazione
“
che non comunica più”,
ExCommunicate pone al centro del percorso espositivo l’esigenza d’interazione
col fruitore. Per l’inaugurazione della Jerome Zodo Contemporary sono state selezionate
nove proposte provenienti da esperienze artistiche internazionali, con l’unica
presenza italiana (e oramai statunitense) di
Federico Solmi.
Ad accompagnare l’ingresso in galleria, un lungo “yellow
carpet”, giallo come il colore della veste grafica che incornicia l’evento che
dà l’avvio a un nuovo spazio espositivo che ha l’obiettivo (per altro
emblematicamente simboleggiato da un “mirino” dal retrogusto pop) di “
rompere
con la sterilità della comunicazione” e di proporre progetti artistici critici a partire da
ciò che quotidianamente accade tra l’indifferenza generale.
Ecco dunque i paesaggi decostruiti proposti da
Ben
Grasso. E ancora,
battaglia a schemi preconcetti su “identità sessuali” con la performance di
Zackary
Drucker. Interessante
sul versante della quotidianità che sfugge la videoinstallazione di
Terry
Chatkupt,
Untitled
(Main Street),
che propone un montaggio incessante senza altro commento se non le medesime
immagini di saracinesche chiuse, spazi commerciali persi nell’oblio di un
momento storico spietato per l’economia.
Per rompere la sordità di un presente che poco si sofferma
ad ascoltare,
Andrew Schoultz proietta sullo spettatore enormi pannelli costruiti
secondo un processo di accumulazione di segni, simboli, impronte che affondano
nella cultura della street art, mettendo al microscopio le dissonanze di un
sistema ormai imploso ben espresso nella fluttuante ed eterna lotta tra opposti
di
Free Market Explosion.
Sempre sul registro dell’accumulazione si muove il duo
Simmons
& Burke con
un collage vertiginoso di immagini fotografiche, accompagnato da una colonna
sonora altrettanto convulsa. Turbinoso e febbrile il montaggio del video di
Tigran
Khachatryan, in
cui si rincorrono frammenti di reportage sociali, violenze ed emergenze in cui
difficilmente si distingue artificio o realtà.
Se dunque la “comunicazione” rischia di perdersi in un “
delitto
perfetto” (per
citare Baudrillard), in cui i confini vero/falso cessano di esistere,
Bertold
Stallmach costruisce un’installazione in cui “
affida a delle formiche il compito di
stravolgerla”.
Parola d’ordine “interazione” per il video di
Simon
Senn, che affida
allo spettatore la direzione dell’azione su un set in cui ogni attore diventa
manovrabile pedina. Ma non significa che lo spettatore diventi regista, né
tantomeno protagonista.