23 febbraio 2010

fino al 27.II.2010 Giuseppe Gabellone Milano, Studio Guenzani

 
Ritorna Gabellone, con un rinnovato uso della figura nella ricerca dei volumi. Fotografie in cui l'immagine trovata rimpiazza l'object trouvé. Montata su strutture fisse e sussistenti nei paesaggi desolati fra città e campagna...

di

Giuseppe Gabellone (Brindisi, 1973; vive a Parigi), ancora. Lo avevamo lasciato,
negli spazi espositivi dello Studio Guenzani, con quelle sculture antropomorfe
ancorate ai tetti delle periferie parigine, che il nitore di cieli freddi e
puliti illuminavano di monumentalità. Lo ritroviamo ora, a distanza di più di
un anno e sempre da Guenzani, con una nuova serie di fotografie che, se da un
lato riconfermano la sua unità stilistica con quella sorta di “schema” tetraedrico che ha i suoi vertici negli elementi
luce/sfondo/struttura/figura, dall’altro ne rinnovano la cifra largo sensu estetica in virtù di una nuova – ma per lui affatto inedita
– concessione alla figura.
Il retroterra per dir
così concettuale si riafferma fortemente nell’amore Giuseppe Gabellone - Senza titolo - 2009 - stampa digitale - cm 52x35 - courtesy Studio Guenzani, Milano(piace legger così la
pratica espressiva di Gabellone) per la limpida luminosità degli sfondi
rispetto ai quali sopravvengono – quasi imponendosi – gli oggetti-sculture, monoliti di
kubrickiana memoria, apparentemente enigmatici eppur semplici nella loro
potenza espressiva.
Ma Gabellone sembra
ora voler prendere le distanze dall’oggetto-scultura per riaffermarne piuttosto
una riflessione condotta attraverso la bidimensionalità dell’immagine
fotografica. S’impongono alla visione queste immagini volumetriche, realizzate
a stampa su supporti quali stoffe e fodere ancorate a strutture di metallo che
stazionano come monoliti in terre di nessuno, fra periferia cittadina e aperta
campagna, architetture industriali e paesaggi desolati.
Anche Gabellone, come Linda
Fregni Nagler
per esempio, è un
collezionista d’immagini. Che successivamente e occasionalmente entrano a far
parte di un’opera compiuta. Ma se nell’estetica di Fregni Nagler l’impiego
dell’immagine slitta nel concetto del quasi ricordo, per Gabellone l’apparato iconografico occasiona una ricerca sul
volume: le fotografie in mostra raffigurano palesemente una suggestione tridimensionale, plastica e scultorea. Giuseppe Gabellone - Senza titolo - 2009 - stampa digitale - cm 52x35 - courtesy Studio Guenzani, MilanoUn’azione vera e propria,
un movimento dell’immagine attraverso pieghe e volute.
L’immagine, in fin dei
conti, è per Gabellone solo un pretesto: importa nel suo valore iconografico
personalissimo e intimo (proprio un collezionista d’immagini). Si vedano dunque
le serigrafie su stoffe e fodere degli inganni dell’immagine, l’illusione di un volto sulla superficie lunare, la
sensazione di bruciante fusione dei metalli in
una fucina, gli schiamazzi dei bambini durante il gioco. Ma Gabellone ha voluto queste immagini proprio per favorire, attraverso il loro carico
ingannevole e spesso volutamente pittorico, quello slittamento semantico fra
bidimensionalità della fotografia e tridimensionalità della scultura.
Ribadendo e
potenziando la cifra del suo essere artistico che una volta racchiuse in questa
riflessione col sembiante della perentorietà: “Quando realizzo un’immagine,
questa è anche una scultura
”.

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dal 21 gennaio al 27 febbraio 2010
Giuseppe Gabellone

Studio Guenzani
Via Eustachi, 10 (zona Porta Venezia) – 20129 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 15-19.30; mattina su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0229409251; fax +39 0229408080;
info@studioguenzani.it; www.studioguenzani.it

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11 Commenti

  1. Per quanto questa intuizione di gabellone sia una bella attualizzazione di un lavoro di gino de dominicis (madonna che ride fotografata e poi distrutta), Gabellone continua a redeclinare lo stessa proposta (cose fotografate e poi distrutte) in tanti modi diversi come fosse artista storico. Gabellone ha 36/37. Questa idea di scultura mentale va anche bene, ma viene riproposta da 10 anni. Mi chiedo se non sia il caso di andare oltre. Per quanto alcune soluzioni scultoree (vedi partecipazione alla biennale di bonami, mi pare) lascino molto a desiderare. A mio parere gabellone era una delle promesse del sistema italia anni 90, che per diversi motivi ha subito una sorta di stop della crescita. E’ naturale che il problema possano essere le strutture inadeguate se cerchiamo sempre di inseguire imprecisi e stereotipati standard internazionali. Io credo che un “fare” divergente e non retorico possa migliorare le cose.

  2. Questa recensione rasenta veramente il surreale. SENZA CONTARE CHE IL CONFRONTO CON LINDA FREGNI NON C’ENTRA ASSOLUTAMENTE NIENTE! SONO DUE LAVORO che non hanno nessun tipo di affinità, sia poetica che concettuale!

    Il retroterra per dir così concettuale si riafferma fortemente nell’amore (piace leggere così la pratica espressiva di Gabellone) per la limpida luminosità degli sfondi rispetto ai quali sopravvengono – quasi imponendosi – gli oggetti-sculture, monoliti di kubrickiana memoria, apparentemente enigmatici eppur semplici nella loro potenza espressiva.

    Per Gabellone l’apparato iconografico occasiona una ricerca sul volume: le fotografie in mostra raffigurano palesemente una suggestione tridimensionale, plastica e scultorea.


    MA COSA HA DI SIGNIFICATIVO QUESTA CITAZIONE????

    Ribadendo e potenziando la cifra del suo essere artistico che una volta racchiuse in questa riflessione col sembiante della perentorietà: “Quando realizzo un’immagine, questa è anche una scultura”.

    Ditemi voi dove andremo a finire!!!!!

  3. vorrei lanciare una proposta. a me il lavoro di gabellone piace. ma sarei molto interessato a parlare pubblicamente del suo prezzo: qualcuno puo segnalare quanto costa ora una piccola fotografia in mostra da guenzani?

  4. il lavoro di giuseppe gabellone nella sua straordinaria coerenza riesce sempre ad innovare e a fare il punto della ricerca scultorea di una generazione di artisti. un maestro è tale al di là della sua età.

  5. Gabellone ha semplicemente sviluppato una buona intuizione già avuta da gino de dominicis. Il problema è che siamo rimasti lì. Per non parlare poi della ripetizione a distanza di pochi mesi della medesima mostra vista a Vienna:

    http://www.contemporaryartdaily.com/2009/10/giuseppe-gabellone-at-martin-janda/

    Non mi dispiace questa dimensione della scultura come fenomeno mentale. In questo caso si fotografa una foto che ha caratteri pittorici e scultorei…va bene…ma l’evoluzione di gabellone, dai tempi del soffietto estendibile e della foto dei fiori in poliuretano, è fattibile in 30 giorni…ma ci rendiamo conto? E poi cosa dire dei tentativi scultorei di gabellone (biennale di bonami)..con i cinesi tridimensionali impegnati in un anacronistico feticismo materico…sembrerebbero contraddirre tutto…

    Secondo me il problema è lo spreco di occasioni. Anche Guenzani replica una mostra di ottobre 2009 a vienna perchè deve pur vendere. E va bene fare il punto vendita che ha gli stessi prodotti che puoi trovare a vienna o parigi. Ma certi operatori, che si interessano di contemporaneo, potrebbero dimostrare maggiore tensione verso una nuova concezione di commodities, verso una nuova concezione di “bene di consumo”.

  6. altro che ricerca! non esiste un artista più integrato e compromesso col sistema dominante di questo: non c’è foglia che Bonami non muova che Gabellone non risulti implicato

  7. De dominicis ha fotografato una Madonna che ride, poi distrutta. Il principio intuitivo e’ il medesimo di Gabellone. Ma il problema non e’ questo, ma il fatto che gabellone perpetua una medesima impostazione…che tra l’altro non disdegno….

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