Giuseppe Gabellone (Brindisi, 1973; vive a Parigi), ancora. Lo avevamo lasciato,
negli spazi espositivi dello Studio Guenzani, con quelle sculture antropomorfe
ancorate ai tetti delle periferie parigine, che il nitore di cieli freddi e
puliti illuminavano di monumentalità. Lo ritroviamo ora, a distanza di più di
un anno e sempre da Guenzani, con una nuova serie di fotografie che, se da un
lato riconfermano la sua unità stilistica con quella sorta di “schema” tetraedrico che ha i suoi vertici negli elementi
luce/sfondo/struttura/figura, dall’altro ne rinnovano la cifra
largo sensu estetica in virtù di una nuova – ma per lui affatto inedita
– concessione alla figura.
Il retroterra per dir
così concettuale si riafferma fortemente nell’amore
(piace legger così la
pratica espressiva di Gabellone) per la limpida luminosità degli sfondi
rispetto ai quali
sopravvengono – quasi imponendosi – gli oggetti-sculture, monoliti di
kubrickiana memoria, apparentemente enigmatici eppur semplici nella loro
potenza espressiva.
Ma Gabellone sembra
ora voler prendere le distanze dall’oggetto-scultura per riaffermarne piuttosto
una riflessione condotta attraverso la bidimensionalità dell’immagine
fotografica. S’impongono alla visione queste immagini volumetriche, realizzate
a stampa su supporti quali stoffe e fodere ancorate a strutture di metallo che
stazionano come monoliti in terre di nessuno, fra periferia cittadina e aperta
campagna, architetture industriali e paesaggi desolati.
Anche Gabellone, come
Linda
Fregni Nagler per esempio, è un
collezionista d’immagini. Che successivamente e occasionalmente entrano a far
parte di un’opera compiuta. Ma se nell’estetica di Fregni Nagler l’impiego
dell’immagine slitta nel concetto del
quasi ricordo, per Gabellone l’apparato iconografico occasiona una ricerca sul
volume: le fotografie in mostra raffigurano palesemente una suggestione
tridimensionale, plastica e scultorea.
Un’azione vera e propria,
un movimento dell’immagine attraverso pieghe e volute.
L’immagine, in fin dei
conti, è per Gabellone solo un pretesto: importa nel suo valore iconografico
personalissimo e intimo (proprio un collezionista d’immagini). Si vedano dunque
le serigrafie su stoffe e fodere degli
inganni dell’immagine, l’illusione di un volto sulla superficie lunare, la
sensazione di bruciante
fusione dei metalli in
una fucina, gli schiamazzi dei bambini durante il gioco. Ma Gabellone ha
voluto queste immagini proprio per favorire, attraverso il loro carico
ingannevole e spesso volutamente pittorico, quello slittamento semantico fra
bidimensionalità della fotografia e tridimensionalità della scultura.
Ribadendo e
potenziando la cifra del suo essere artistico che una volta racchiuse in questa
riflessione col sembiante della perentorietà: “
Quando realizzo un’immagine,
questa è anche una scultura”.
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Questa recensione rasenta veramente il surreale. SENZA CONTARE CHE IL CONFRONTO CON LINDA FREGNI NON C'ENTRA ASSOLUTAMENTE NIENTE! SONO DUE LAVORO che non hanno nessun tipo di affinità, sia poetica che concettuale!
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Il retroterra per dir così concettuale si riafferma fortemente nell'amore (piace leggere così la pratica espressiva di Gabellone) per la limpida luminosità degli sfondi rispetto ai quali sopravvengono - quasi imponendosi - gli oggetti-sculture, monoliti di kubrickiana memoria, apparentemente enigmatici eppur semplici nella loro potenza espressiva.
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Per Gabellone l'apparato iconografico occasiona una ricerca sul volume: le fotografie in mostra raffigurano palesemente una suggestione tridimensionale, plastica e scultorea.
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MA COSA HA DI SIGNIFICATIVO QUESTA CITAZIONE????
Ribadendo e potenziando la cifra del suo essere artistico che una volta racchiuse in questa riflessione col sembiante della perentorietà: “Quando realizzo un'immagine, questa è anche una scultura”.
Ditemi voi dove andremo a finire!!!!!
abbiamo un luca rossi più posato ultimamente
bene bene
vorrei lanciare una proposta. a me il lavoro di gabellone piace. ma sarei molto interessato a parlare pubblicamente del suo prezzo: qualcuno puo segnalare quanto costa ora una piccola fotografia in mostra da guenzani?
il lavoro di giuseppe gabellone nella sua straordinaria coerenza riesce sempre ad innovare e a fare il punto della ricerca scultorea di una generazione di artisti. un maestro è tale al di là della sua età.
Gabellone ha semplicemente sviluppato una buona intuizione già avuta da gino de dominicis. Il problema è che siamo rimasti lì. Per non parlare poi della ripetizione a distanza di pochi mesi della medesima mostra vista a Vienna:
http://www.contemporaryartdaily.com/2009/10/giuseppe-gabellone-at-martin-janda/
Non mi dispiace questa dimensione della scultura come fenomeno mentale. In questo caso si fotografa una foto che ha caratteri pittorici e scultorei...va bene...ma l'evoluzione di gabellone, dai tempi del soffietto estendibile e della foto dei fiori in poliuretano, è fattibile in 30 giorni...ma ci rendiamo conto? E poi cosa dire dei tentativi scultorei di gabellone (biennale di bonami)..con i cinesi tridimensionali impegnati in un anacronistico feticismo materico...sembrerebbero contraddirre tutto...
Secondo me il problema è lo spreco di occasioni. Anche Guenzani replica una mostra di ottobre 2009 a vienna perchè deve pur vendere. E va bene fare il punto vendita che ha gli stessi prodotti che puoi trovare a vienna o parigi. Ma certi operatori, che si interessano di contemporaneo, potrebbero dimostrare maggiore tensione verso una nuova concezione di commodities, verso una nuova concezione di "bene di consumo".
altro che ricerca! non esiste un artista più integrato e compromesso col sistema dominante di questo: non c'è foglia che Bonami non muova che Gabellone non risulti implicato
Ma la fantasia dov'è?
Davvero sono grandi opere?
Sono concettuali, va bene, in linea con molta "stitichezza estetica" dell'arte contemporanea.
Ma la vita, non è in generale più ricca e interessante?
ma cosa c'entra gabellone con de dominicis? siamo all'assurdo, rossi alla frutta, polemico ad ogni costo.
De dominicis ha fotografato una Madonna che ride, poi distrutta. Il principio intuitivo e' il medesimo di Gabellone. Ma il problema non e' questo, ma il fatto che gabellone perpetua una medesima impostazione...che tra l'altro non disdegno....
Il processo usato da Gabelloni è pratica oramai consueta e di lunga data, spesso con risultati anche più creativi ed estetici, ad esempio Georges Rousse ...