Confrontarsi con un personaggio del calibro di
Piero Manzoni non è un’operazione semplice. Di fronte alle opere di
Guido Andrea Pautasso (Milano, 1969), artista emergente che espone accanto a uno di fama internazionale, è dunque necessario prendere le distanze dall’idea di confronto e paragone, a favore di un’interpretazione dialettica e inclusiva. L’attività di Pautasso entra in relazione con l’opera di Manzoni, godendo dell’esperienza del predecessore come di un arricchimento, incorporandola, trasformandola, distanziandosene attraverso una rinnovata interpretazione. A far crescere il Pautasso artista è l’ambiente culturale e familiare, la tensione per la creatività e la passione per il collezionismo; la vicinanza di pensiero e d’intenzione con l’esempio di Piero Manzoni lo rendono consapevole della direzione del proprio fare creativo.
Alcune opere chiave di Manzoni contrassegnano così il percorso espositivo alla Galleria Daniela Rallo: la
Merda d’artista n. 68 (1959) e una
Linea m. 19,11 (1959) con il proprio contenitore parlano dell’attenzione per il nascosto, l’ideale, il concetto. Pautasso priva il visitatore della presenza del prigioniero, inchiodato alla seggiola dalla propria catena, in
Pallaprigioniera (2005), sottolineando il concetto sotteso all’opera, l’assenza e al contempo l’dea di fuga.
Fuga da una prigionia che è quella dell’esserci, del tempo, e della serietà del lavoro, che in Pautasso sono capovolte da una costante ricerca di ironia, di evasione nell’immaginario estetico e culturale.
Esempio chiaro di questo intento si trova nella versione pautassiana degli
Achromes. Quelle che in Manzoni sono tele acromatiche, in cui i materiali grezzi esprimono una totale e incontrollata libertà interpretativa, in Pautasso sono quadri che egli definisce propriamente
Muri, segnati da linee geometriche che ne definiscono dimensioni spaziali da oltrepassare, in
Legare il muro (2008); finestre attraverso cui gettare lo sguardo, in
Libera Dimensione (2008), un telaio o uno schermo che evocano la quarta parete scenica e la cornice televisiva, oltre le quali cercare, fuggire, fantasticare. L’ironia del non essere si esprime appieno in
Achrome assoluto (2008), sacco rigonfio di plastiche trasparenti inconsistenti, buffo e ingombrante contemporaneamente.
Questa ricerca di uno spazio altro, di là dell’opera, di una via di fuga, di un’ironia concettuale, sfocia in una produzione più mondana e sarcastica, quella dei collage, che compongono una buona parte della produzione dell’artista. In queste opere, purtroppo non presenti in mostra, il lavoro di Pautasso coglie aspetti stridenti del contemporaneo, della società del consumo e delle ossessioni mediatiche. Che sono il luogo più indicato e calzante per la piena espressione delle tematiche affrontate dall’artista.