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Taiyr in arabo significa tortora e per traslato è ciò che collega, il ponte pacificatore tra mondi, ma anche il viaggio. È proprio il viaggio la chiave di lettura del progetto espositivo di Fatima Bianchi (Como, 1981) e Nicola Lorini (Como, 1990), curato da Davide Giannella per i suggestivi spazi di San Pietro in Atrio. Il viaggio è l’origine dei lavori dei due artisti che hanno trascorso un periodo di residenza in parallelo a Nablus, nell’ambito del gemellaggio promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Como con la città palestinese. Il viaggio è la ricerca identitaria sulle tracce del nome Fatima da cui è partita Fatima Bianchi. Il viaggio, in perenne bilico tra reale e virtuale, passato e presente, verità storica e finzione poetica, è il metodo di lavoro di Nicola Lorini. Ma il viaggio è anche la cartina di tornasole di una realtà contemporanea sgretolata, labile che ci sfugge di continuo nelle ridefinizioni estemporanee di un senso nomade e interattivo.
Con il video Onomanzia (2016), Fatima Bianchi ci propone un toccante collage di storie lontane di donne diverse unite dal nome Fatima quale esito di una ricerca di qualcosa di sé in un nome, un segno sentito non proprio, come un abito esistenziale cucito troppo stretto. Un percorso disegnato inseguendo i racconti di donne di nome Fatima partendo da Como, suo luogo di origine, per arrivare prima a Marsiglia, crocevia multietnico del bacino mediterraneo, poi a Nablus fino a giungere a Fatima, la città portoghese celebre nella cultura cattolica per la presunta apparizione della Vergine, facendosi a poco a poco attraversare, assorbire da queste microstorie distanti per ritrovarsi in ognuna e ricomporre così un’immagine di sé grazie ad un nome con cui finalmente riconoscersi e fare pace, almeno un po’, confessa l’artista durante la presentazione al pubblico del progetto. La presa di distanza da sé, dalla propria cultura, dal proprio nome, spesso dati per scontati, non scelti, non è che l’inizio di un viaggio per scucirsi di dosso questo fardello esistenziale imposto come un destino infallibile (onomanzia è la pratica di predire il futuro fondata sull’interpretazione del nome, appunto) e che ha nell’incontro con l’altro, il diverso che si scopre così simile l’opportunità unica, che l’artista ci regala, di riconoscersi lì, in una delle infinite declinazioni possibili di un stesso nome anonimo, di una stessa storia che non fa che ripetersi in ognuno di noi come colonna sonora in loop (ecco il senso ultimo del vibrante soundtrack del video) di trame parallele.
Per Nicola Lorini il nomadismo reale e virtuale che caratterizza il contemporaneo si trasforma nello strumento creativo per interpretarlo, costruendo delle visioni parziali e sempre rivedibili in grado di adattarsi a questa realtà liquida e sfuggente. Le istallazioni esposte sono l’esito dell’assemblaggio di pezzi di vissuti personali e frammenti di storie, di oggetti, di vite altrui reali o presunte ingoiati quasi in modo compulsivo e inconscio durante i dieci giorni trascorsi a Nablus e le successive ricerche in rete nel tentativo di approfondirli. L’artista ci racconta, per esempio, dei due quadri di tessuto jacquard, frutto del sovrapporsi di un’esperienza reale, la propria presso il Caffè Blu di Nablus, a una scoperta sul web che proprio lì nel 1939 si era esibita una cantante egiziana considerata negli anni ‘30 e ‘40 la Callas mediorientale. Da qui, poi, la decisione di materializzare questo imprevedibile intreccio di attimi così distanti realizzando i tessuti dei quadri proprio sulla base della partitura musicale di due brani della cantante. Questi, e altri, i curiosi retroscena delle opere di Nicola Lorini che, se talvolta paiono un po’ forzate, hanno il merito di incarnare nelle loro architetture fragili e incomplete le dinamiche attuali della costruzione quasi casuale del senso. E ci troviamo anche qui a fare i conti con quell’accavallarsi inestricabile di verità ibride, tra vissuto e immaginato, proprio e altro, incessantemente riconfigurate a colpi di click che a ogni ora assillano il nostro quotidiano bilico tra reale e virtuale.
Martina Piumatti
mostra visitata l’11 novembre
Dal 5 novembre al 27 novembre 2016
Taiyr. Fatima Bianchi Nicola Lorini
San Pietro in Atrio
Via Odescalchi – 20139 Como
Orari: da martedì a domenica 14.30-18.30
Info: www.visitcomo.eu; cultura@comune.como.it