L’arte, dagli anni Ottanta in avanti, ha deposto le armi. Stanca della continua rincorsa verso il nuovo ha smesso gli abiti mimetici e trattato la resa. In seguito -spiega Nicolas Bourriaud in Postproduction– si è data a riprogrammare il mondo attraverso gli strumenti del quotidiano, scavando nel patrimonio inesauribile di oggetti, azioni, linguaggi offerto dalla Storia e dalla contemporaneità.
Tra gli artisti che operano in questo senso sono iscrivibili Douglas Gordon (1966, Glasgow) e Philippe Parreno (1964, Olon, Algeria), ospiti per la prima volta di un’istituzione pubblica italiana grazie alla Fondazione Halevim di Milano.
You & me, me & you non è uno scontro tra rivali, bensì una stretta di mano. Un dibattito sulla realtà operato attraverso un’estetica dell’alleanza, cioè “una sensibilità collettiva entro la quale nuove forme d’arte sono inscritte” (Borriaud). La mostra diviene così, in linea con la filosofia di Parreno, non un happy ending, in cui esperienze vissute altrove trovano conclusione, ma un luogo di produzione di relazioni. Tra due modi di fare arte, due visioni diverse, seppur affini, del mondo. Inoltre, tra l’opera e lo spettatore, che con il suo sguardo peculiare genera nuove, ulteriori interpretazioni. Non a caso, Douglas Gordon sceglie di esporre il suo monumentale work in progress List of names, una lista di circa quattromila nomi di persona, in ordine alfabetico, uomini e donne che l’artista ha incontrato dal 1992, anno d’inizio del progetto, fino ad oggi.
Ogni nome è un segno grafico, ma anche una storia, un intreccio successivo di relazioni. E soprattutto un tassello, un episodio, della vita dell’artista, ricostruita attraverso i suoi legami personali. Philippe Parreno, come Gordon, lavora all’interno di spazi interstiziali, sui confini che separano due contrari. Reale ed irreale, significato e significante sono alla base di Paf!Le Chien (1992), un cane tassidermizzato, con il quale annulla i consueti schemi della rappresentazione, presentando un oggetto a metà tra scultura e vita vera, morte ed esistenza. Le sue ricerche border line proseguono nell’installazione Speech Bubbles (1997), in cui palloncini gonfiati in forma di baloons, ordinari nella comunicazione fumettistica, perdono la propria funzione di veicolo di significati per offrirsi alla ricezione di pensieri o nella sequenza video No More Reality (1991), descrizione di una manifestazione politica fittizia. In entrambi, la fruizione collettiva dello spazio sociale e delle opere, oltre che il linguaggio, come metodo di trasformazione del mondo, sono i veri protagonisti. La parola non è solo un mezzo di espressione di concetti, né uno strumento di interpretazione delle cose, bensì l’arma di una vera e propria rivoluzione.
L’azione sovversiva dell’arte passa così tramite il montaggio della realtà in un universo nuovo, immaginifico. Non serve creare da zero, quanto mischiare le carte. Leggere da destra verso sinistra. Anagrammare la concretezza in utopia.
santa nastro
mostra visitata il 17 dicembre 2005
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