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10
gennaio 2008
fino al 28.II.2008 New Delhi. New Wave Milano, Primo Marella
milano
Basta lo sviluppo economico a fare di un Paese una delle massime potenze mondiali? Negli ultimi tempi l’India fa parlare di sé per il suo boom nell’informatica. E si comincia a conoscere il suo cinema. Con questa mostra, si impone la sua arte...
Sono quattordici gli artisti presenti in mostra. Una vera ondata indiana che la sola Galleria Marella di via Lepontina non poteva contenere. L’inaugurazione ha così coinciso con l’apertura di un nuovo ampio spazio espositivo in via Valtellina. I temi e gli atteggiamenti che animano le opere vanno da riflessioni teoriche sui contrasti originati dal rapporto con l’Occidente a rielaborazioni in chiave artistica di una società consumista; da forti denunce sociali, culturali e sessuali alla promessa di felicità offerta dalle religioni.
La già affermata Anita Dube varia i linguaggi e i materiali, ma la testimonianza è sempre quella di un Void. Un vuoto non concepito come uno spazio aperto ma come una pesante, inamovibile affermazione in nere mastodontiche lettere di cera, o come oscuri tentacoli del nulla in ramificazioni di legno, rame e acciaio ricoperte di velluto nero. Il contrasto fra un’India sovrappopolata e pullulante e un vuoto fisico e psicologico emerge dalle fotografie di Bharat Sikka: accanto a uno spiazzo fangoso e desolato che ha per sfondo palazzi geometrici, compare una via commerciale brulicante di gente; su una banchina della metropolitana in mezzo alla folla, l’obiettivo si ferma sullo sguardo di un uomo che comunica al di qua della tela straniamento e ricerca. L’impatto di queste immagini dipende anche da una tecnica che sembra dar voce ai colori e che giustifica l’elezione dell’artista da parte di “Time Magazine” a migliore fotografa del 2005.
Colpiscono per la vivacità cromatica anche le opere di Thukral & Tagra, giovani artisti-designer la cui produzione è stata definita “arte ambientale”. La pervasività della loro vena creativa si manifesta nel curare personalmente tutto l’allestimento delle loro opere e nel contagiare con stilemi pop, estratti dalle grandi tele, anche magliette, gioielli e tappezzeria. Il colore si spegne e la particolareggiata allegria è sostituita nei video di Sonia Khurana da una denuncia femminista, monocroma e senza fronzoli. In Bird, il corpo sovrappeso dell’artista si ostina in una negazione della gravità, metafora di un’opposizione al paradigma bellezza-magrezza imposto dall’Occidente.
La denuncia delle guerre e la speranza nella possibilità di una coesistenza pacifica fra religioni si fondono nell’installazione di Shilpa Gupta. Luci, tappeto rosso, pittura dorata ricreano uno strano tempio che ha per altare un monitor su cui scorrono le immagini di un viaggio attraverso 38 luoghi sacri indiani afferenti diverse correnti religiose. Da ognuno di questi luoghi, l’artista ha riportato una delle tele benedette che completano l’installazione, donando allo spettatore “peace and happiness”.
Baba Anand critica invece la spettacolarizzazione della religione, il divismo e il consumismo, ispirandosi ai manifesti di Bollywood. Attori e divinità diventano protagonisti di quadri pop invasi da paillette e brillantini, cuoricini di raso e fiori finti.
La già affermata Anita Dube varia i linguaggi e i materiali, ma la testimonianza è sempre quella di un Void. Un vuoto non concepito come uno spazio aperto ma come una pesante, inamovibile affermazione in nere mastodontiche lettere di cera, o come oscuri tentacoli del nulla in ramificazioni di legno, rame e acciaio ricoperte di velluto nero. Il contrasto fra un’India sovrappopolata e pullulante e un vuoto fisico e psicologico emerge dalle fotografie di Bharat Sikka: accanto a uno spiazzo fangoso e desolato che ha per sfondo palazzi geometrici, compare una via commerciale brulicante di gente; su una banchina della metropolitana in mezzo alla folla, l’obiettivo si ferma sullo sguardo di un uomo che comunica al di qua della tela straniamento e ricerca. L’impatto di queste immagini dipende anche da una tecnica che sembra dar voce ai colori e che giustifica l’elezione dell’artista da parte di “Time Magazine” a migliore fotografa del 2005.
Colpiscono per la vivacità cromatica anche le opere di Thukral & Tagra, giovani artisti-designer la cui produzione è stata definita “arte ambientale”. La pervasività della loro vena creativa si manifesta nel curare personalmente tutto l’allestimento delle loro opere e nel contagiare con stilemi pop, estratti dalle grandi tele, anche magliette, gioielli e tappezzeria. Il colore si spegne e la particolareggiata allegria è sostituita nei video di Sonia Khurana da una denuncia femminista, monocroma e senza fronzoli. In Bird, il corpo sovrappeso dell’artista si ostina in una negazione della gravità, metafora di un’opposizione al paradigma bellezza-magrezza imposto dall’Occidente.
La denuncia delle guerre e la speranza nella possibilità di una coesistenza pacifica fra religioni si fondono nell’installazione di Shilpa Gupta. Luci, tappeto rosso, pittura dorata ricreano uno strano tempio che ha per altare un monitor su cui scorrono le immagini di un viaggio attraverso 38 luoghi sacri indiani afferenti diverse correnti religiose. Da ognuno di questi luoghi, l’artista ha riportato una delle tele benedette che completano l’installazione, donando allo spettatore “peace and happiness”.
Baba Anand critica invece la spettacolarizzazione della religione, il divismo e il consumismo, ispirandosi ai manifesti di Bollywood. Attori e divinità diventano protagonisti di quadri pop invasi da paillette e brillantini, cuoricini di raso e fiori finti.
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New Delhi. New Wave
a cura di Jerome Neutres
Primo Marella Gallery
Via Valtellina angolo Viale Stelvio – 20159 Milano (zona Maciachini)
Orario: da martedì a sabato ore 10-19
Ingresso libero
Catalogo Damiani
Info: tel. +39 0234938090; info@marellagallery.com; www.marellagallery.com
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